lunedì 21 aprile 2014

Spiedini pasqualini e la promessa di essere più presente.

La presenza. Ci sono diversi modi di intendere questa parola ed il concetto che esprime. Da piccoli ci insegnano a dire "Presente!" quando la maestra fa l'appello, da più grandicelli, quando l'appello non serve più, ci invitano a confermare la presenza quando prendiamo un impegno. Da adulti siamo tenuti ad informare che arriviamo al lavoro a tot ora e siamo presenti fino all'orario in cui si stacca. In pratica, per tutta la vita siamo chiamati a rendere conto della nostra presenza, intesa però come presenza fisica, il corpo, qui ed ora. Nessuno ci insegna a rendere conto della NOSTRA VERA presenza. In quanti possono dire di essere presenti in quel senso? In quanti possono alzare la mano sinceramente e dire "Sì, sono presente a me stessa/o"?
Ecco, io spero per voi- che ogni tanto venite qui a vedere se sono riuscita a vincere la mia incostanza e disaffezione alla maggior parte delle questioni umane pubblicando un post- spero davvero che possiate rispondere affermativamente a queste mie domande. Quanto a me, beh, per poterlo fare ne ho davvero di tante di questioni da risolvere. In questo momento in cui dall'esterno appaio una che non ha nulla di cui lamentarsi, in un momento in cui non sono più l'emblema evidente  del male di vivere (o chiamiamolo con qualche sinonimo incapacità di vivere o ancora non voler vivere), ecco, proprio ora... IO MI SONO PERSA. Oddio, mi correggo, forse il non dover affrontare lo sguardo terrorizzato degli altri di fronte ad un fantasma smagrito, il non dover affrontare ostacoli terreni come esami ed interrogazioni, il non dover rendere troppo conto di quello che faccio, mi ha messo di fronte all'evidenza che io non so chi sono davvero, non so quello che voglio davvero, io non sono presente a me stessa... io non mi conosco.
E non avendo delle fondamenta solide, traballo ad ogni prova e ad ogni ostacolo, non mi concedo di sbagliare anche se sto imparando, non mi perdono per ferite che in un modo o nell'altro non mi lascio medicare. Non mi amo per colpe che non so nemmeno io di aver commesso, odiarsi a prescindere e non sapere perchè. Ogni terreno diventa l'ennesima evidenza della mia incapacità: lavoro, cucina, blog, famiglia, amicizia. Ogni giorno mi sveglio e vivo nel terrore di sbagliare, meglio ancora vivo nell'attesa del mio personalissimo ed inevitabile errore, come se fossi programmata a questo e non aspettassi altro di vedere ancora una volta la realizzazione quotidiana del mio non essere abbastanza.
I miei post partono sempre in quarta su questi temi poi mi rendo conto anch'io di andare a cacciarmi ancora di più nei miei pensieri e che la cosa potrebbe dilungarsi troppo quindi cerco di concludere e lasciarvi alla ricetta, sicuramente meno cerebrale della premessa. Concludo quindi dicendo che sono un po' come un cantiere, cerco di pensare a me stessa come un WORK IN PROGRESS, per la serie "Stiamo lavorando per voi", anche se presto vorrei poter dire "Stiamo lavorando per me", e non in senso egoistico anche se, a questo punto penso che un po' di sano egoismo mi servirebbe. In altre parole vorrei dire di star lavorando di essere più presente. E non solo sul blog, non solo in termini di vita sociale che durante l'inverno si riduce per me praticamente a zero, ma anche e soprattutto essere più presente per me. Conoscermi, perdonarmi, apprezzarmi.






Spiedini di seitan, porri e funghi (anche detti "Non ho bisogno di mangiare l'agnello per festeggiare)
Ingredienti:
-          1 porro grande
-          100 g di seitan (non so se tua figlia lo conosce e/o le piace)
-          6 champignon grandi
-          3 cucchiai di olio
-          3 cucchiai di salsa di soia
Tagliare gli champignon in 4 (la prossima volta penso di usare direttamente champignon più piccoli ma stavolta non li ho trovati), il porro a cubotti ed il seitan a dadini. Mettere tutto in una ciotola a marinare con olio e salsa di soia. Io li ho lasciati una mezz’ora in frigo. Poi ho composto gli spiedini alternando porro, seitan, funghi. Li ho messi un vassoio e ho versato la marinata sopra gli spiedini e li ho lasciati in frigo tutta la notte. Domenica mattina ho infornato a 200° per una 20ina di minuti bagnandoli di tanto in tanto con la marinata allungata con un po’ d’acqua per non farli asciugare troppo. 
Buon lunedì,
Zucchina


domenica 30 marzo 2014

50 sfumature di amaranto (e di me)


Chi vede le date dei miei post, così lontane fra di loro, potrebbe pensare a torto che ho abbandonato del tutto le mie velleità culinarie. Allo stesso modo, chi prima conosceva la ragazza festaiola e non mi vede più in giro potrebbe pensare, e non a torto, che ho appeso le scarpe col tacco al chiodo ripiegando per una più austera vita monacale.
In effetti, ultimamente non sono la tipa che tira tardi la sera, dico ultimamente per non dire il tempo preciso, visto che è ormai un lontano ricordo anche per me quella tipa.
Da quando ho compiuto 23 anni ad inizio mese, mi sono accorta che i miei continui rimuginare e rimacinare non sono una pratica di auto tortura per gentile concessione di me stessa, bensì un percorso lento ed impreciso che però mi sta facendo entrare in contatto con me, 
In questa pseudo-analisi del tutto fai da te e spesso involontaria, sto conoscendo, o meglio dire, riconoscendo dei piccoli intoppi che prima rifiutavo di vedere ma che, proprio perché intoppi, mi hanno fatto stare male e continuano a farmi star male.
Sia chiaro, non voglio psicanalizzarmi al posto di un professionista, semplicemente sto dicendo che piano piano quello che il mio psicanalista, con le sue DISCUTIBILI teorie, qualcosa ha smosso. Ed ora sta a me scavare meglio, capire il perché della mia costante sensazione di inadeguatezza, di imperfezione imperdonabile, del mio continuo considerarmi la peggiore in confronto a qualsivoglia altro esemplare umano. A me e ad “uno bravo”, se mai riuscirò a fidarmi/Affidarmi ad un altro professionista, visto che il precedente mi ha praticamente scioccato.
Comunque, momento introspettivo a parte, il titolo non parla solo di me, ma anche di amaranto. Sarò strana io, ma questo pseudo cereale mi ha lasciato perplessa. L’ho comprato cavalcando l’onda di entusiasmo partita già in tempi poco sospetti con la quinoa (ricettata qui, ma spero di poter presto pubblicare altro) e con il grano saraceno. L’ho preparato seguendo fedelmente le indicazioni sulla busta e…risultato? bah. Quei piccoli chicchi, bellissimi per carità, a fine cottura sono diventati una pappetta densa e dura come il marmo (beh non proprio marmo, ma viste le aspettative il risultato finale mi ha scaraventato giù dall’Olimpo degli pseudo cereali.
Guardando meglio il fondo della pentola in cui versava la strana poltiglia, ho fatto quello che faccio sempre con le altre persone e cose, alias resto del mondo ma che non faccio mai nei miei confronti. DARE IL BENEFICIO DEL DUBBIO E DARE UNA SECONDA CHANCE.
Il problema principale di molte polpette, sformati, burger vegan home made è l’inevitabile sfaldarsi durante la cottura. Se i chicchi di amaranto si vogliono così bene fra loro da appiccicarsi appena cotti perché non lasciar dimostrare il loro amore anche in un burger veg?
e così sono nati questi burger, che, per carità non sono male, ma ancora non hanno fatto guadagnare molti punti all’amaranto. Anzi, se qualcuno ha una ricetta sfiziosa per favore me lo dica!!! d’altronde, amaranto viene dal greco “μάραντος”, che significa “non muore mai”. Un high lander così merita di più di una sufficienza da parte della sottoscritta.
BURGER DI AMARANTO E SPINACI

Ingredienti:
-          Amaranto cotto (100 gr da crudo)
-          Spinaci (mea culpa erano surgelati, 5 cubotti)
-          Sale blu qb
-          Pepe nero qb
-          Semi di sesamo, di girasole, di zucca: 2 cucchiai
-          Olio evo qb
-          Cipolla qb
-          Farina di ceci quanto basta per avere la certezza di un burger compatto (facoltativo)

Procedimento:
Cuocere l’amaranto, seguendo le infide istruzioni sulla confezione, e lasciar raffreddare/far diventare la massa che ha fatto crollare il mio ottimismo culinario.
Preparare gli spinaci, io li avevo lasciati scongelare in frigo dalla mattina alla sera, perché odio gli spinaci lessi, peggio se congelati e lessi. Io ho fatto dorare un po’ di cipolla in padella, aggiunto gli spinaci e ho salato un pochino a fine cottura. Ho lasciato freddare anche gli spinaci.
Ho trasferito spinaci ed amaranto in una ciotola, ho aggiunto pepe, un pochino d’olio, i semi e ho mescolato bene.
Ho iniziato a fare i miei burger, con queste dosi ne ho preparati sei piccoli, diciamo sei medaglioni, senza aggiungere la farina perché l’amaranto è stato sufficientemente colloso da far tutto da solo. J
Ho cotto il tutto a 200 ° per 20 minuti, girando i burger a metà cottura.
Ho accompagnato la mia porzioncina con una salsina ai porcini, perché mi piace l’accoppiata funghi e spinaci.
Un bacione a tutte le blogger che non ho ringraziato per i commenti ai post precendenti, ma che mi danno coraggio di andare avanti. E non solo per il blog.

Zucchina

domenica 16 marzo 2014

Cavoli, che quinoa!

Ero indecisa sul titolo del post, tanto quanto ero indecisa se pubblicare ancora una ricetta...
Già l'estate scorsa avevo in mente di realizzare un blog, uno spazio tutto mio per scrivere i miei pensieri, i miei sfoghi e le mie paure, mi piaceva l'idea di confrontarmi con le altre ragazze e vedere quanto siano belle ricette buttate lì con semplicità, come anche il cibo possa essere bello, colorato e non solo un nemico che, a periodi più o meno alterni, ti mette in scacco e ti limita e limita una normalità.
In questo periodo però mi sembra di non avere tempo per fare nulla, figuriamoci scrivere su un blog, pubblicare foto..e dire che le idee abbondano e la mia macchinetta pullula di foto...sarò sincera, il lavoro mi prosciuga le energie come nemmeno lo studio matto e disperatissimo i giorni che precedevano gli esami, lo stare quasi tutto il giorno al computer mi fa passare qualsiasi voglia di rimettermi davanti allo schermo la sera anche solo per leggere le mail, insomma, il lavoro è la mia sanguisuga personale.
Come se non bastasse le mie foto e le mie ricette sono sempre due passi indietro rispetto alle vostre, non è una gara lo so, ma per una persona che soffre di insicurezza cronica non giova.
Intanto pubblico questa, poi vedrò se è il caso di rinunciare alle mie velleità da food-blogger in erba. Sono poche le informazioni non ancora elencate di questa meraviglia, la quinoa. Per secoli dimenticata e coltivata solo nelle zone andine dimenticate dalla colonizzazione spagnola, è un concentrato di salute: è ipoallergizzante, priva di glutine, ricca di fibre ed antiossidanti. Ed è versatilissima. In una parola: FAVOLOSA.
Quinoa con cavoletti di Bruxelles e gomasio:
INGREDIENTI

- Quinoa: 80 g
- Cavoletti di Bruxelles: 100 g
- Cipolla bianca: 1/4 
-  Pepe: qb
- Gomasio: una spolverata
- Vino bianco per sfumare: mezzo bicchiere
- Salsa di soia: 2 cucchiai

HOW TO:
Mettere a cuocere la quinoa in una quantità di acqua poco salata pari a circa il doppio della quinoa. Lasciar andare per 10 minuti. Nel frattempo dedicarsi ai cavoli, ossia ripassarli in padella con olio, cipolla. Sfumare con un po' di vino e cuocere per qualche minuto a fiamma media, giusto il tempo di far evaporare il vino. Aggiungere la salsa di soia e una macinata di pepe.
Una volta cotto la quinoa, amalgamare nella padella il nostro pseudo cereale e i cavoletti, saltare in padella mescolando bene così da far insaporire. Spegnere e lasciar freddare.
Aggiungere con una spolverata di gomasio e gustare. A me è piaciuta tanto sia calda sia fredda, gustata il giorno dopo al lavoro e mi ha fatto guadagnare i complimenti del boss sulla mia inventiva :) .
Con questa ricetta partecipo a Salutiamoci, questo mese dedicato alla QUINOA ed ospitata da Daria.

salutiamoci300

domenica 2 marzo 2014

Cuore di babbo

Ci sono periodi che per qualche strana congiunzione astrale il computer ed io siamo due rette parallele…non si incontrano mai. Questo è uno dei periodi così…in primis il lavoro, passando tutto il giorno davanti ad uno schermo per ricerche varie o per registrare i dati dei pazienti, la sera mi bruciano gli occhi in un modo unico. Cerco sempre di restare aggiornata sulle vostre nuove ricette, come sempre mi rendo conto di quanto io sia indietro in fatto di originalità ed abilità ma il tempo di pubblicare le mie idee non riesco proprio a farlo rendere al meglio.
Senza contare che queste due settimane il computer di casa, sì avete capito bene, quello con il cassone vecchio stile, le casse e lo schermo preistorico è morto ed io ho dovuto rinunciare al mio portatile perché un computer serve…sia a mia mamma per il lavoro, sia a mia sorella per la scuola.
Quindi l’unica mia modalità per restare connessa è il telefono, ma 1 o 2 giga sono sempre pochi per arrivare a fine mese.
Detto questo, oggi pubblico una ricetta che per me è speciale, sia perché era tanto che la volevo provare, sia e soprattutto perché è dedicata ad una persona per me molto importante. Il mio papà.
Nei primi post parlavo soprattutto delle nostre incomprensioni e dei litigi, elementi che denotano solo le similitudini del nostro carattere (cocciuto!) ed il bene che in fondo in fondo ci vogliamo.
Le parole anche pesanti che sono volate tra di noi, le urla ed i silenzi penso che siano stati solo la prova della paura e dell’impotenza con cui entrambi, forse lui più di me, abbiamo dovuto fare i conti. Ancora oggi litighiamo ed anche pesantemente, ma a quasi 23 anni mi rendo conto che lui è e sarà sempre la mia roccia. Forse una componente del mio problema è quello di aver paura dei rapporti e dei cambiamenti di quelli che già ci sono. Forse la mia paura che mi costringe sempre ad aggrapparmi al passato come fosse la coperta di Linus si è riversata anche sul rapporto con mio padre. Attaccavo perché vedevo che i suoi gesti cambiavano mentre crescevo, non capivo che era la normale evoluzione di un rapporto che stava diventando più maturo, un rapporto che non era e non può essere più il rapporto tra un papà ed una bambina ma un rapporto tra un papà e quella che sta cercando di essere una donna. Non più scontri, ma confronti. Non più attacchi gratuiti ma critiche che vogliono essere costruttive. Per anni mi sono comportata così da farlo star zitto o da non farlo arrabbiare, ora, quando faccio qualcosa, agisco perché voglio che lui sia fiero di me.
Ed il mio unico cruccio è non riuscire ancora dopo tutto questo tempo a renderlo davvero orgoglioso di me, restituirgli la persona che ero prima che perdessi, insieme al peso, anche il sorriso.
Ed ecco spiegato il perché di questa ricetta, fatta a pochi giorni da S.Valentino, piccolo gesto per addolcire una giornata speciale ma piovosa. Ti voglio bene papà.

PLUMCAKE CON SORPRESA:
Ingredienti
PER L'IMPASTO BIANCO:
300 gr farina
80 gr fecola di patate
300 gr latte soia
85 gr olio di semi
1 bustina di lievito per dolci
1/2 bacca di vaniglia
2 Cucchiai di rhum
250 gr zucchero
PER L'IMPASTO SCURO
calcolate un terzo dell'impasto bianco a cui aggiungerete 5 cucchiaioni di cacao amaro in polvere

HOW TO:
Preparate prima (io la sera prima) la parte scura, semplicemente unendo prima tutti gli ingredienti secchi e poi quelli liquidi. Infornate a 180° per 25 minuti in uno stampo da plumcake rivestito di carta forno.
Lasciate raffreddare bene, io ho preparato la parte scura la sera ed ho ultimato la sera dopo. :)
Una volta freddo, trasferite il dolce nero su un tagliere o su un piano in cui poterlo lavorare con comodità. Munitevi di una formina da biscotti o tagliabiscotti che dir si voglia e ricavate più cuoricini che potete. Con queste dosi io ho avuto circa 12 cuori abbastanza alti (1,5-2 cm) così da non aver avuto problemi nella fase 2.
Preparate l'impasto bianco miscelando tutti gli ingredienti sia secchi che liquidi. Oleate ed infarinate lo stampo da plumcake.Versate una parte dell'impasto sul fondo dello stampo (servirà da collante). Al centro mettete in fila i cuori uno dopo l'altro, cercando di fare combaciare bene le pareti (altrimenti l'impasto durante la lievitazione si infilerà nel mezzo e rovinerà qualche fetta).
Ricoprite con il rimanente impasto (no problem se non riuscirete a ricoprire completamente i cuori perchè durante la cottura l'impasto crescerà e coprirà tutto).
Infornate a 180° per 45 min. Vale sempre la prova stecchino perchè il plumcake inganna spesso anche le cuoche più esperte (e quando parlo di esperte, non sto parlando di me ahahahahah!).
Tagliare e...sorpresa! :)


sabato 22 febbraio 2014

Se il buongiorno si ve(r)de dal mattino...



Questo modo di dire per me rappresenta una sacrosanta verità. Sono una di quelle persone che quando parte male..beh parte male. Sono tra gli amanti del silenzio almeno nei primi 10  minuti da quando scende giù dal letto, quelli che guai a chi parla urla o strepita prima del caffè, guai a chi si mette fra me e la caffettiera o la teiera, questo in base al periodo, guai a chi mette fretta. Io sono quella che è disposta a rinunciare a qualche minuto tra le coperte pur di avere i suoi 15 minuti di calma assoluta per la colazione. L’ho già detto altrove ma lo ripeto…la colazione per me è sacra.
Ecco, ieri è stata una di quelle giornate in cui i pronostici erano sfavorevoli, è iniziata male e finita peggio. Non sono bastati i 15 minuti di colazione con calma ed in silenzio come piace a me a salvaguardarmi da una giornata NO.
Al lavoro è emerso quello che avevo fatto finta di dimenticare, un po’ come quando nei cartoni si nasconde la polvere sotto il tappeto. Le cose cambiano poco, non si vede ma lo sporco rimane lo stesso. Anche questa volta, proprio mentre qualcosa stava andando bene, quando quasi pensavo di saper gestire meglio la mia insicurezza, il mio essere introversa e tutto il corollario di difetti che non manco mai di ricordarmi, i fatti mi hanno dato torto e ho avuto la prova della mia inadeguatezza e dei miei tanti limiti.
Non mi va di scendere nei dettagli perché mi dilungherei sempre troppo, sempre la stessa lagna, diciamo solo che ho dimostrato solo che il mio datore di lavoro ha preso un abbaglio nel prendermi lì, che non sono brava in niente e che ho tantissimi limiti.
Provo a fare finta che le cose vadano meglio, di mio mi impegno a non pensare a tutti quegli schemi mentali, quelle convinzioni che mi perseguitano e che razionalmente condanno, ma alla fine c’è sempre qualcosa che mi fa pensare ancora una volta al mio essere sbagliata. Ovunque e sempre.

Vi lascio la ricetta di questo dolcetto preparato qualche tempo fa, è una torta sofficissima e delicata che ho voluto provare dopo averla vista da Francy. Colpa delle foto come sempre stupende e del nome strano perché, si sa, se son normali non mi piacciono, le dosi sono le stesse. Io ho aggiunto solamente una bustina di thé verde e una mela Granny. Una fetta di questo dolce sarebbe stata perfetta in una giornata come quella di ieri. Avrebbe reso tutto un po’ più dolce.

Tortina al verde col metodo Tang Zhong (senza uova)
Ingredienti per una tortiera di 18 cm

98 gr di farina 00
98 gr di fecola di patate
150 gr di yogurt bianco
115 gr di zucchero
12 gr malto di riso
50 gr di olio di semi
50 gr di roux*
10 gr di lievito
1 gr di sale
1 bustina di thé verde
1 mela Granny Smith 
*per il roux
8 gr di farina 00
80 gr di latte di riso

Procedimento
Per prima cosa il roux: in un pentolino mescolare accuratamente la farina con il latte, evitando di formare grumi. Portare il padellino su fuoco basso e scaldare a fuoco dolce, mescolando, fino ad avere, come spiega bene Francy, un composto leggermente gelatinoso. Spegnere e trasferire in una scodella, lasciando raffreddare a temperatura ambiente.


mercoledì 12 febbraio 2014

Bento Box per Salutiamoci: Radicchio superstar :)

La mia latitanza è giustificata, non ho gettato la spugna, insicurezza a parte! Il motivo per cui la mia ultima ricetta risale a secoli fa è lontana anni luce da mancanza di voglia o inventiva bensì un lavoro!
Ebbene sì, la Zucchina qui presente si è avventata su un lavoretto che la terrà impegnata per i prossimi tre mesi. Con i tempi che corrono, tre mesi sono una fortuna, per di più non è da tutti trovare un impiego nel campo per cui si è studiato e a tre mesi dalla laurea.
Il sapere che la cosa è precaria però mi porta a non godere fino in fondo questo piccolo successo, vivo la situazione con atteggiamento ambivalente: felice sì ma con la sensazione di essere uno yogurt...con la scadenza a breve termine. Come sempre emerge il mio difetto di non riuscire a vivere appieno il presente, troppo impegnata a rimpiangere o a criticare il passato (dipende dal mood del momento) o peggio ancora tutta presa a immaginare un futuro che in fondo ho paura di affrontare e costruire. Presente, passato, futuro, questo discorso è tutto qui, sembra di tornare alle elementari quando ti insegnavano le coniugazioni e i tempi verbali, solo che nella vita reale la grammatica non te la spiega nessuno. E in alcune situazioni ti sembra di essere il tipico turista che cerca con pessimi risultati di farsi capire dalle persone del posto, immagine suggestiva che noi italiani incarniamo in pieno XD!
Unica nota negativa è il non avere tanto tempo da dedicare alla cucina, condizione che mi dispiace non poco perché vorrei preparare mille cose, sperimentare con nuovi ingredienti e scopiazzare le vostre ricette – che per inciso sono gustosissime! Spero di riuscire ad organizzarmi meglio nelle prossime settimane e valorizzare il tempo che ho a disposizione, cercando di non essere di intralcio in cucina alla cuoca ufficiale della casa, alias la mamma.
La ricetta con cui tornare alla carica non poteva non avere come protagonista lui, Messer Radicchio. Ci tengo particolarmente a partecipare a Salutiamoci perchè questo mese la padrona di casa è la meravigliosa Lucrezia! Perciò beccatevi questo! 



Ingredienti
Bento Box dell'apprendista:
per le Polpette di soia al radicchio e semi di papavero:
soia gialla già cotta: 150 g
radicchio rosso lungo: 3 foglie
olio evo: un cucchiaio
semi di papaver bioo: un cucchiaio
farina di ceci bio: qb
per il Radicchio al vino:
radicchio lungo: un cespo medio
cipolla rossa: un quarto
olio evo
pepe
vino bianco: 10 ml circa (poco eh, mica posso star brilla sul luogo di lavoro!)
How to:
Ho pulito il cespo di radicchio, l'ho sbollentato per 2 minuti in acqua bollente. L'ho scolato e strizzato. Mentre intiepidiva un po', ho tritato la cipolla, l'ho lasciata rosolare in una pentola con un goccino di olio per 1 minuto. Ho ripreso il radicchio, l'ho tagliato a striscioline, mettendo da parte tre foglie. L'ho messo nella padella e lasciato andare per un paio di minuti. Ho bagnato con il vino, messo una puntina-ina di malto di riso e ho coperto, lasciando cuocere il tutto per 10 minuti, ho pepato e lasciato raffreddare per poterlo mettere nel mio contenitore.
Per non stare con le mani in mano ho schiacciato con una forchetta la soia gialla (era già cotta, semplicemente in brodo, nulla di trascendentale!), ho unito semi di papavero e olio. Ho tagliato a pezzetti quanto più piccoli possibile il radicchio che avevo messo da parte e l'ho unito all'impasto. Ho aggiunto pochissima farina di ceci, giusto per ottenere un impasto “da polpetta”. Ho lasciato le polpette da parte per una ventina di minuti (consiglio però di farlo compattare per un po' di più se riuscite). Ho scaldato una padella antiaderente e ho cotto le polpette per 15 minuti circa, girandole con moooooooooolta attenzione a metà cottura.
Anche queste le ho infilate in un contenitore e gustate oggi durante la mia stringatissima pausa pranzo. Olè!
Vi saluto di corsa
Zucchina

 Salutiamoci di febbraio da me col radicchio!

sabato 1 febbraio 2014

Kiss Kiss...Modern girl! Ossia Baci di Dama moderna!



Non mi sono dimenticata del blog, sia chiaro! questa settimana è stata assurda, sempre in giro a portare curriculum e fare commissioni. Ho una stanchezza addosso inimmaginabile e la casa non si pulisce da sola! Detto questo…i giri non sono andati a vuoto completamente perché forse qualcosa si sta mettendo in moto, un progettino seppur a breve termine si profila all’orizzonte anche se è ancora troppo presto per parlarne. Un po’ per scaramanzia, un po’ perché effettivamente è ancora tutto in divenire, un po’ perché ho la mia solita paura che a parlarne anche solo sottovoce ciò che di bello ho nella mia vita svanisca tutto di un colpo. Staremo a vedere.
Vista la mia settimana molto tumultuosa tipica della vita frenetica dei giorni nostri vi lascio una ricetta veloce e strabuona (almeno secondo me!).
Non sono la tipa da biscotti ad essere sincera, sarà che nel prepararli non ho il brivido della lievitazione e l’emozione di vedere l’impasto che vien su come un funghetto alla luce tenue del forno…e se proprio devo dirla tutta non impazzisco per i biscotti anche per la questione delle quantità. Meglio una fetta di ciambelline piuttosto che la paura del non riuscire a fermarsi dopo un paio. Ma questa è un’altra storia. E se proprio vogliamo dirla tutta, gli originali nella ricetta non veg non mi piacciono nemmeno. Quindi vi lascio intuire con che sospetto guardavo questi sassolini pallidi cuocere in forno, con che diffidenza li accoppiavo a due a due, sigillandoli con una cremina che ho preparato in estemporanea pescando un po’ a naso nella dispensa. Però solo gli stupidi non cambiano idea e davvero mi sono dovuta ricredere davanti al fatto che per una volta sono stata ben contenta di addentarne uno dopo l’altro!
Dopo questa presentazione che non avrà fatto altro che confondervi, vi svelo che ricetta ho rielaborato in chiave moderna…rullo di tamburi…signore e signori, i baci di dama.
La chiave moderna è data dalla totale assenza di ingredienti (per lo meno manifesti) di origine animale, dalla rapidità e dalla semplicità con cui si preparano e dalla farcia. Dato che siamo donne moderne e abbiamo bisogno di un po’ di carica, al solo cioccolato ho aggiunto un po’ di sprint con il caffè solubile e dato che la parità di sessi ha aperto molte porte comprese quello del mobiletto degli alcolici (:P) ho pensato bene che un goccino di rhum non guastava.
Questi baci li dedico a tutte le donne, piccole grandi eroine del Duemila(14), fragili ed al tempo stesso forti come una roccia, sempre di corsa ma sempre pronte a soffermarsi per notare quel dettaglio che fa la differenza, complicate ma così speciali. Donne pronte a divorare il mondo, donne che sono fiere di quello che sono e di quello che fanno, donne come spero di potermi sentire presto anch’io.

Ingredienti per 13 baci (ne verranno di più o di meno in base alla grandezza)
-per il biscotto (26 metà)
100 g farina di mandorle
100 g di zucchero di canna
100 g di farina 0
70 g di olio di semi
- per il caramello al ciocco-caffè:
3 cucchiai di zucchero
2 cucchiaini di acqua
(mescolare e scaldare)
1.5-2 cucchiai di latte di riso o altro latte vegetale
2 cucchiaini di maizena
2 cucchiaini di caffè solubile
2 cucchiaini di rhum

How to:
Frullare la farina di mandorle con lo zucchero fino ad ottenere una polvere. Mettere il composto in una ciotola in cui aggiungere la farina e l'olio. Impastare con le mani fino ad ottenere un composto omogeneo, quindi, prendere un po' di composto con le mani un po’ inumidite e formare delle palline. Adagiarle su una placca da forno o una teglia coperta da carta forno, avendo cura di schiacciare le palline da un lato. Infornare a 190° circa per 15/20 minuti o fino a che saranno leggermente dorati. Mettere da parte e far raffreddare.
Per la crema: In un pentolino, mescolare zucchero ed acqua, scaldarli a fuoco medio fino a che non si crei uno sciroppo che poi si scurirà…non so come spiegarlo meglio, comunque è un semplice caramello che non vi ruberà più di 5 minuti!
Nel frattempo unire in un altro pentolino tutti gli altri ingredienti e scaldare a fuoco medio. Non appena il composto inizia ad addensare, aggiungere lentamente il caramello e mescolare fino ad ottenere una consistenza cremosa. Togliere dal fuoco quando tutto avrà raggiunto una certa omogeneità.
A questo punto basterà assemblare il bacio, spalmando un pochino di caramello fra due biscottini.
A me è avanzata un po’ di crema perché ho aggiunto ancora un po’ di latte per paura che mi bruciasse tutto sul fuoco! 
Spolverare con un po' di cacao amaro o di zucchero.


Alla prossima,
Zucchina