lunedì 30 dicembre 2013

Un FONDENTE Natale!

Per la serie “Non si vive di sole verdure” ho deciso di offrirmi volontaria per il dolce da servire durante il pranzo di Natale. In passato la mia famiglia si è affidata a qualche pasticceria sia per mancanza di tempo (i miei lavorano tutto il giorno e io non avevo velleità culinarie in tal senso) e per comodità, vista la numerosità di chi sedeva a tavola con noi. Il Natale è famiglia ma vuoi per “orsaggine”, vuoi per le ultime vicissitudini famigliari, abbiamo sentito l’esigenza di passare il pranzo tra noi. Pochi ma buoni, piatti semplici ma che fanno “casa” e “amore”.
Avevo in mente il dolce più natalizio che ci sia, il tronchetto, ma il terrorismo psicologico imbastito da mia mamma sulle difficoltà di preparazione del biscuit “tradizionale” figuriamoci in versione senza, ho ripiegato su un tronchetto destrutturato, ho semplicemente cambiato la forma a quello che avevo già in mente e devo dire che…
NELL’ETERNA LOTTA TRA TRADIZIONALE E VEGAN, IL VEGAN HA VINTO!!!!!!!
Il giorno stesso che ho sfornato la mia creatura, in frigo si è materializzato un mini tronchetto all’alchermes che i miei hanno ricevuto in regalo, regalo che staziona ancora pressoché integro in frigo mentre il mio dolce è stato spazzolato in meno di due giorni da famiglia e amici! Yuppy!
Certe vittorie non possono che fare bene alla mia inesistente autostima e non possono convincermi che la passione per la cucina non potrà che farmi bene. Piccole soddisfazioni che sollevano l’umore e fanno bene al cuore.

TORTA FARCITA E RICOPERTA DI CIOCCOLATO:
Per la base: (una teglia da 18 cm) 
275 gr di farina 00 o integrale 
1 bustina di lievito (16 gr)
190 gr di zucchero (anche di canna)
50 ml di olio di girasole
300 ml di acqua + 50 ml Baileys
60 gr di cacao amaro

per la farcitura:
300 ml di latte vegetale
2 cucchiai di maizena
1 cucchiaio di zucchero
2/3 cucchiaioni di crema di nocciole veg

per la copertura:
100 g cioccolato fondente
1 cucchiaio di malto di riso
25 ml latte veg

Prepariamo la base
In una ciotola capiente lavorate tutti gli ingredienti con lo sbattitore elettrico fino ad ottenere un composto omogeneo. Cuocete in forno già caldo a 180 gradi per 45 minuti circa (io ho impostato inizialmente 45 minuti ma la prova dello stuzzicadenti non ha lasciato dubbi sulla necessità d prolungare la cottura). Lasciare raffreddare bene prima di farcirla, potreste preparare la base la sera e farcirla il giorno successivo come ho fatto io).
Passiamo alla crema simil pasticcera: Versate il latte in un pentolino e fatelo intipidire, spostatelo dal fuoco ed unite progressivamente la maizena setacciata e lo zucchero. Mescolate accuratamente con la frusta e rimettete il pentolino sul fuoco a fiamma bassa. Continuate a mescolare con la frusta piuttosto vigorosamente in modo da evitare la formazione di grumi, quando la crema incomincia a prendere consistenza e a rapprendersi spegnere il fuoco e spostare il pentolino.Aggiungete tanta crema di nocciole quanta il vostro gusto per il veghelloso vi suggerisce!
Tagliate la torta e farcite, dopodichè dedicatevi alla copertura: semplice semplice! Fate fondere il cioccolato a bagnomaria, aggiungete latte e malto e mescolate fino ad amalgamare perfettamente il tutto. Avrete una crema liscia e omogenea profumatissima. Resistete alla tentazione di non sbafarvela a cucchiaiate e versatela sulla torta, distribuendola in modo uniforme aiutandovi con un leccapentola. Lasciar raffreddare per qualche ora...e gnam hnam!!!!

Prima di salutarvi, una piccola lamentela che riprende il tema qui già ampiamente discusso sulla difficoltà e la diffidenza che noi veg incontriamo a tavola. Sono stata invitata dalla mia migliore amica ad un cenone di Capodanno. Menù di carne o pesce a scelta ad un prezzo conveniente. Accetto e provo a chiedere per qualcosa che non implichi i due ingredienti sopracitati, convinta che per una volta la tradizione sia dalla mia (che cenone è senza un piatto di lenticchie????). La laconica risposta è stata “I menù sono fissi: carne o pesce?”. L’aggettivo FISSO calza a pennello per descrivere anche la mentalità ristretta e inflessibile, tristemente ancorata a marmoree posizioni. E mi condanna ad una cena a base di un pugnetto di lattuga. Se va bene. Alla faccia della tradizione e dell’idea della lenticchia simbolo di ricchezza ed abbondanza. Uff.

giovedì 26 dicembre 2013

Christmas Cannelloni


Il vero messaggio del Natale è che noi tutti non siamo mai soli.
Taylor Caldwell
Alla fine al di là dei problemi, delle liti, dei silenzi e delle parole che a volte vengono dette senza pensare, ho una famiglia speciale. Non saremo quella del Mulino Bianco, non saremo perfetti, non vincerò il premio "Figlia dell'anno" e non batteremo i record di empatia e accordo reciproco ma siamo noi. Perfettamente imperfetti. 
Lascio questo rapidissimo post per fare gli auguri a quelle (poche) persone che mi leggono su questo piccolo spazio che mi sono ritagliata, spero che anche voi abbiate una famiglia brontolona, criticona e difficile da trattare in alcune giornate no ma che in fondo in fondo vi vogliono un bene dell'anima, è sempre lì dietro a voi pronta a prendervi quando cadete giù. Spero abbiate trascorso un felice Natale, che abbiate trovato sotto i vostri alberelli i regali (non solo materiali) che sognavate.
E dato che non è una festa se non c'è un menù speciale, lascio al volo la ricetta dei miei mitici cannelloni alle verdure!
Ingredienti:
250 g Cannelloni di semola di grano duro
3 zucchine
2 peperoni rossi
1 melanzana
1 cavolfiore
1 carota
una decina di funghi champignon
olio evo
una cipolla piccola
sale e pepe qb
vino bianco
besciamella di riso (circa 250 ml) 
...e un po' di latte per allungarla
un po' di parmigiano (per una versione cruelty-free lievito alimentare e/o pangrattato)



How to:
Armarsi di moooolta pazienza e tagliare tutte le verdure a dadini quanto più piccoli possibile. Tagliare la cipolla e lasciatela andare con un po' d'olio in una padella, meglio ancora un wok. Aggiungere le verdure e saltarle per qualche minuto, sfumando con il vino, aggiungendo un po' di pepe e salando solo a fine cottura. Mi raccomando le verdure devono rimanere fragranti, tanto andranno in forno!
Mentre le verdure si raffreddano (potete fare come me, che le ho cotte la sera e ho assemblato i cannelloni la mattina), preparate la besciamella (o per chi ha poco tempo, "sistemate" la besciamella già pronta con un po' di pepe e noce moscata, allungatela con un pochino di latte così da far cuocere meglio i cannelloni.
Sistemate della carta forno in una pirofila capiente e versate un po' di besciamella sul fondo. A questo punto riempite con un cucchiaio i cannelloni con le verdure, sistemateli nella pirofila fino a esaurimento degli ingredienti (probabilmente vi avanzeranno un po' di verdure, che potrete servire a parte o aggiungere alla besciamella). Versate la besciamella così da ricoprire i cannelloni - eventualmente allungate con un po' di latte- e versate qualche cucchiaio di verdurine sopra. Cospargere con parmigiano/ lievito alimentare a scaglie e/o pangrattato.
Infornate a 200° C per circa 30 minuti o fino a quando non si sarà formata una crosticina croccante e, affondando una forchetta, il cannellone risulterà morbido. Servire e spazzolare.
Come per le lasagne vale la regola che riscaldati sono più buoni che appena sfornati!


ancora tanti tanti auguri!! Zucchina

martedì 24 dicembre 2013

Broccoli Pizza



Tra i tanti aspetti negativi che il mio disturbo comporta c’è sicuramente l’incapacità di non vedere mai ciò che c’è di buono. Quando stai male, sia a livello evidente sia “sottosoglia”, vedi il bicchiere mezzo vuoto nel 90% dei casi, non riesci mai a goderti quei piccoli successi che raggiungi, quelle briciole di felicità (?) che la vita ti fa trovare lungo la strada.
Tuttavia, per quanto possa farmi male questa mia condizione di vita sospesa, questo tragitto percorso costantemente con il freno a mano tirato, non posso fare a meno di pensare che questa (spero) transitoria deviazione di percorso non sia capitata per caso. Mi piace pensare che la mia disavventura sia servita a farmi capire che la mia strada è quella di aiutare le persone con il mio stesso rapporto problematico con il cibo sia che sia troppo sia che sia (come nel mio caso) troppo poco. Ed è per questo che ho investito il 100% e più di me stessa in ogni singolo esame che era in programma, per questo che mi svegliavo all'alba durante le sessioni di esami, per questo che ho consumato post-it e penne per scrivere e riscrivere gli appunti così da farmeli entrare in testa.
Ed è per questo se mi girano gli zebedei se quando chiedo di fare un tirocinio volontario vengo aggredita (e non è un’esagerazione) con una filippica sui tirocinanti già laureati e la loro unica capacità di far perdere tempo. Lungi dal considerarmi il non plus ultra delle neolaureate in dietistica, mi considero però abbastanza convinta della mia scelta professionale da sapere che se faccio qualcosa non è per riempire il tempo libero. E mi arrabbio ancora di più se vengo considerata nella massa di quelli che non prendono sul serio quello che fanno.
Si parla tanto di collaboranza, di rispetto della figura professionale ma ieri ho avuto la dimostrazione che là fuori è una giungla e che ognuno è pronto a far fuori l’altro per non correre rischi futuri (quali poi se tu sei una professionista con esperienza pluriennale e di fronte hai una pischella che si è laureata neanche un mese fa?). Come avrete capito, odio le generalizzazioni, odio il “fare di tutta l’erba un fascio” e soprattutto mi dispiace che Tu preferisca ad una tua “collega” degli studenti ancora non laureati di un Corso di Laurea che si è arrogato il ruolo e la capacità di ricoprire il tuo incarico e di svolgere le tue mansioni. E poi mi vieni a parlare di responsabilità?
Comunque, oggi è la Vigilia di Natale!!! Alla fine, anche la mamma si è arresa e ha sistemato gli addobbi natalizi per tutta casa insieme alla mia sorellina, l’albero è stato addobbato, il presepe organizzato (e anche bene..chapeau alla mia mamma!).
Se avete il forno acceso per qualche preparazione, vi consiglio di provare la ricetta qui sotto. È davvero la fine del mondo, oltre che un buon modo di gustarsi una pizza senza dover preoccuparsi troppo!
L’idea non è mia ma sua. Io ho semplicemente seguito le istruzioni e ho cambiato la base data la mancanza del cavolfiore. Al suo posto ho usato il broccolo a cimette e devo dire che il risultato è strabiliante…era partito come un piatto svuota frigo ma è stata una piacevolissima (e gustosissima) scoperta!
Broccoli pizza:

Per la base:
Un mini broccolo (circa 300 g)
1 cucchiaio di semi di lino + 6-7 cucchiai di acqua bollente
35 g farina di riso 
35 g crusca di farro
4 g di lievito alimentare
Origano
Sale, pepe q.b
Paprika

Topping:
Crema di radicchio
Gomasio 
 
(chiedo venia per la luce e la foto poco invitanti ma non avevo nulla di meglio che la fotocamera del cellulare per immortalarla!)
 
How to:
Per prima cosa tritare i semi di lino. A parte scaldate l'acqua, quando raggiunge il bollore versatela in una tazza con i semi di lino, mescolate e lasciate riposare una decina di minuti. Questo è un "finto uovo", sarà il legante della base della nostra pizza.
Pulite il broccolo e lessatelo per 5-10 minuti in una pentola d'acqua salata. Scolatelo, strizzatelo per bene così da togliere tutta l'acqua in eccesso.
A questo punto, l'ho sminuzzato come meglio potevo con un coltello. (l'originale prevede di frullare il cavolfiore con il robot da cucina fino a che il composto non avrà l'aspetto a "chicchi di riso").
In una ciotola larga versate il cavolfiore, il "finto uovo" di lino, l'origano, la farina di riso, la crusca, la paprika e il lievito alimentare.
Lavorate fino ad ottenere un impasto sodo e lavorabile (aggiungendo altra farina di riso se dovesse risultare troppo morbido).
Stendetelo in una teglia per pizza rivestita di carta forno.
Infornate a forno già caldo a 200° per circa 30 minuti.
Quando la base prenderà colore, sfornate, farcitela e rimettetela in forno per altri 10 minuti. Semplicissima, golosissisa, vegan, a basso contenuto di carboidrati e senza dover aspettare che la base lieviti. :)

Come l'originale, questa pizza può essere condita come più si vuole, io avevo un po' di crema di radicchio e volevo finirla prima di lasciarla piangere in frigo altri giorni (che poi si sa, dopo il 25 e il 26 si va avanti con gli avanzi!). La crema l'ho fatta semplicemente stufando il radicchio in padella con olio, cipolla, vino rosso, un goccio di salsa di soia, aggiungendo un po' di brodo fino a far diventare il radicchio una "pappetta". Per smorzare il sapore amarognolo, è possibile aggiungere una puntina di zucchero ma io preferisco lasciarlo in purezza. Ottima sui crostini o allungata con un po' d'acqua di cottura per condire la pasta.
 
Buona Vigilia!
Zucchina




domenica 22 dicembre 2013

Il primo pane non si scorda mai





Sono una persona contorta e chi mi conosce lo sa bene. Sono un generatore di ansie ed insicurezze, per non parlare delle contraddizioni che mi contraddistinguono. Per esempio, nella mia totale insicurezza (verso me stessa, le mie capacità, i miei talenti) ogni tanto mi prendo la briga di essere caparbia e fiduciosa nelle mie doti a tal punto da cimentarmi con imprese che molti considerano ardue. Culinariamente parlando, il primo azzardo che mi ha visto protagonista è stato il pane.
Qui sopra ci sono i primi panini che ho sfornato in un pomeriggio di totale esaurimento nervoso. Immaginatevi una studentessa a 5 mesi dalla laurea, collocatela in una piccola casetta per studenti nel bel mezzo di Chieti in una domenica tra le più afose di fine giugno, nella più totale solitudine con la sola presenza di fotocopie, slides e appunti da imparare tutti in modo da affrontare tre esami da 4 materie ciascuno (siate maledetti, Corsi Integrati!!!!) tutti nel giro di un mese...avete immaginato? Ecco, quella ero io qualche mese fa. Una pentola a pressione difettosa pronta ad esplodere e un'unica possibilità di sfogare la propria agitazione: cucinare.
Fate dietro front e stampatevi bene in mente le parole "piccola.casetta.per.studenti" e sostituitevi le parole che rappresentano la realtà dei fatti: una casetta in cui i mobili risalgono al Medioevo, il modello di frigo forse lo usava Napoleone Bonaparte e il fornello è coetaneo del primo aeroplano. Dimenticavo: il forno a gas, senza temperatura e senza luce.
Una volta che vi siete fatti l'idea dell'ambientazione, dimenticatevela, considerate solo la gioia che ho provato nel mescolare, impastare, infarinare, aspettare che l'impasto crescesse. Esultate con me nel rivivere il profumino inconfondibile di pane e il crocchiare della crosticina delle mie "creaturine" ancora calde.
Ecco, sembrerà esagerato ma io vivo di questi piccoli momenti di gioia, schegge di entusiasmo per quel poco di bello che riesco a fare nel mio piccolo - e non solo in cucina.
Panini ai 5 cereali e semi di lino:
500 grammi di farina integrale ai 5 cereali (io ho usato questa)
1 bustina di lievito di birra secco  
1 cucchiaino di zucchero  
2 cucchiaini di sale
2 cucchiai di olio

 gr. 350 circa di acqua tiepida
semi di lino a piacere (in questa prova, li avevo messo sopra, le volte successive li ho messi direttamente nell'impasto ancora meglio!)
Preparazione:
Versare la miscela in una terrina, fare un buco nel quale mettere gli ingredienti. Trasferirlo su un piano di lavoro e lavorarlo brevemente. Versare poco alla volta l’acqua. Impastare prima con un cucchiaio e poi a mano per almeno 5 minuti sino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. Fare una palla, metterla in una ciotola unta di olio e coprire con un panno; lasciar lievitare per qualche ora (dalle 2 alle 8, tanto più lo lasciate, meglio è). Considerare che con queste temperature la nostra palla ci metterà più tempo rispetto a quanto non farebbe con le (tanto adorate) temperature estive. Impastare nuovamente e dare la forma di panini. Spennellare la superficie con acqua ed olio e lasciare lievitare per altri 30 minuti. Distribuire sulla superficie i semi di lino ed infornate in forno già caldo a 200° per circa 30 minuti.


I due odori più buoni e più santi son quelli del pane caldo e della terra bagnata dalla pioggia.
Ardengo Soffici, 1933








sabato 21 dicembre 2013

Di polpette e luoghi comuni...



Nella mia breve e giovane vita, ne ho sentiti tantissimi. Sto parlando ovviamente degli stereotipi, modelli di comportamento e di schemi mentali, di finte convinzioni e di luoghi comuni.
Secoli e secoli di evoluzione della specie umana per ascoltare sempre le solite frasi di circostanza e le solite storie che nell’immaginario collettivo assumono l’importanza di verità sacre e immutabili. Mi riferisco anche all’ingenuità nel collegare persone o categorie di persone a ruoli o caratteristiche o ancora ad attributi che di fatto contraddistinguono solo una minima parte di esse. Sono errori che si possono commettere sia nella più assoluta buonafede ma anche con perfidia e meschinità.
Il problema della maggior parte della seconda categoria di persone (gli etichettatori seriali e convinti) sta proprio nel fatto di non comprendere che incasellare persone o situazioni in schemi cristallizzati e rigidi è quanto di più sbagliato e autolimitante si possa fare.
Si finisce sempre a scontrarsi con le loro idee radicate e infrangibili, ai loro occhi presidio di verità e fortezza contro tutto e tutti, ai miei occhi solo un mucchietto di polvere che il vento potrebbe spazzare via in un attimo. E invece il vento no, non smuove niente, asseconda certe convinzioni facendosi beffe di queste persone (se mi posso permettere) piccole. Insomma, ciò che voglio dire con questa metafora malriuscita è semplicemente che queste persone si attaccano così tanto alle loro convinzioni, ai loro punti fermi senza voler vedere le mille sfumature della realtà, senza dar modo di osservare quelle piccole variabili, si chiudono ad ogni possibilità di confronto negandosi la possibilità di aprirsi a nuove prospettive e con esse a ogni minima possibilità di crescita.
Ora, non voglio fare quella che non sbaglia mai perché non è così, ognuno ha le sue pecche ma una minima parte di me è sempre con l’orecchio teso pronto a sentire le ragioni degli altri, i miei occhietti pronti a cogliere quella piccola sfumatura che sì potrebbe incrinare il mio fragile castello di certezze, ma che potrebbe anche farmene costruire uno migliore.
Per molti l’errore sta già in partenza. Quante volte una persona viene riconosciuta per la fama che la precede e quante volte ci si limita a dar retta alle voci di corridoio piuttosto che conoscere, non dico tanto le ragioni, quanto la persona stessa in modo tale da elaborare un giudizio meno affrettato, magari conforme a quanto già si sapeva ma almeno che sia il proprio. Sarà un retaggio di quella classe pseudo aristocratica che fondava tutto sulle apparenze e sul nome, ma trovo profondamente ingiusto che nel 2013 ancora stiamo ad etichettare gli altri manco fossero prodotti in scatola su uno scaffale del supermercato. Mmmmm quello lì è una fagiolata sott’olio, no meglio del tonno in scatola in olio EVO…”
Faccio più caso a questi modus operandi et cogitandi da quando ho iniziato a dire di essere vegetariana. Apriti cielo!!!!
Alla luce poi della mia condizione (anche qui si scade nel cliché “Anoressia = capriccio per attirare l’attenzione su di sé), la stragrande maggioranza dei profani se ne esce con “Quindi mangi solo verdura?”. E giù a spiegare che la Terra e la (loro) divinità Industria Alimentare generano anche altri prodotti oltre alle categorie CARNE, PESCE, VERDURA. Molto spesso la mia arringa si ferma sconsolata di fronte ad un compassionevole “Ma io non potrei mai rinunciare alla bistecca!”. Di fronte alla desolante immagine della persona che riduce tutte le soddisfazioni della giornata ad un pezzo di carne, alzo bandiera bianca e con dantesca memoria “non mi curo di loro e guardo e passo”.
La verità è che penso che queste persone abbiano un po’ paura di rinunciare allo status symbol che il mondo animale rappresenta fin dal Medioevo (carne = ricchezza) e con quel “Ma io non potrei mai rinunciare alla bistecca!” cerchi di esorcizzare un fantasma di povertà e (a loro dire) di non salute – non pensando ai milioni di vegetariani e vegani che dopo anni di questa scelta di vita ancora camminano su questa terra vivi e vegeti (stavo per scrivere sani come un pesce ma qui potrei attirare commenti sul mangiare pesce come sinonimo esclusivo di salute).
Dirottando queste riflessioni semiserie su un terreno meno impervio e sicuro più soft, penso anche ai luoghi comuni in cucina. Le tipiche associazioni mentali qui si sprecano: la Germania patria dei crauti e dei wurstel, la Francia delle baguette, gli Stati Uniti terra di hamburger (e di obesi che al McDonald’s ordinano l’intero menù e una Diet Coke) e ultimi ma non ultimi gli Italiani tutta “mafia, pizza e spaghetti”. Certo, da una parte è bello che per ogni nazione ci sia un’iconografia e un riconoscimento culinario ma anche qui si cade nella superficialità di non indagare più a fondo la cultura di un popolo e per giunta di sbagliare. In America per esempio mi è capitato di ordinare in un ristorante italiano un piatto di “Spaghetti e meatballs”, che come combinazione di gusto non ha nulla da eccepire ma che in effetti mi ha fatto pensare che in tutta la mia vita in Italia la sola volta che ho visto un piatto di spaghetti con polpette è stata in tv a 5 anni guardando “Lilli ed il Vagabondo” e che nonostante non possa ritenermi un’esperta gastronomica la marca di pasta Alfredo qui in Italia non l’ho mai vista!
Tutto questo straparlare per postare la ricetta di questo contorno, che delle meatballs non hanno che la forma. La ricetta è scopiazzata – con modifiche- dal mio grande “amore” Marco Bianchi. In principio erano broccoletti ma io stamattina ho trovato i cavoletti che mi guardavano speranzosi al super e non ho resistito!
Cavoletti alle nocciole:
Cavoletti a profusione
¼ cipolla rossa (ricetta originale: scalogni)
Nocciole intere tostate
Olio evo (ricetta originale: olio di sesamo+olio evo)
Salsa di soia


Scottare in acqua bollente per 5 minuti i cavoletti. Nel frattempo tritate nel mixer le nocciole dopo averle tostate in una padella anti-aderente. Affettare la cipolla, unitela all’olio e alla salsa di soia in una padella, quindi aggiungere i cavoletti e far cuocere a fiamma vivace per pochi minuti. Aggiungere le nocciole prima di servire.
Buen provecho!

martedì 17 dicembre 2013

I'm dreaming of a veg Christmas...

Siamo sinceri, quest'anno non sento minimamente l'atmosfera del Natale. Per rendere l'idea dello spirito da Grinch di cui in famiglia tutti siamo rappresentanti, non abbiamo ancora decorato la casa, non abbiamo fatto nè albero nè Presepe.
Al contrario, gli anni passati rimpiangevo il fatto di dover trascorrere le giornate che precedono il Natale con un libro in mano piuttosto che aiutare mia mamma e mia sorella nel montare l'albero e decidere la decorazione dell'anno (a mio parere, la migliore è stata quella con i mini peluche!). 
Senza nemmeno ricordare la gioia e il lucicchio nei miei occhietti quando ero più piccola quando (sing sob!) mio padre mi prendeva in braccio per farmi mettere la stella sulla punta del nostro abete dopo aver terminato di appendere fiocchi, lucine, palline dal basso verso l'alto. A 22 anni non so definire esattamente cosa significhi "sentire il Natale", ma mi rendo conto che questa volta è una sensazione che non mi appartiene, sicuramente non quest'anno, non dopo quello che è successo e non con la guerra fredda che è in corso tra me e mio padre. Questo periodo sono presa da mille pensieri che mi risucchiano qualunque entusiasmo (si, lo so brutto a dirsi) e che mi impediscono di vedere cosa c'è di buono oltre la cortina di nero che certe situazioni personali e famigliari hanno contribuito a creare.
E diciamocela tutta, non penso di essere l'unica a sentirsi lontana mille miglia da un qualsivoglia fervore natalizio, visto che quasi tutta la popolazione italiana ha la testa infagottata da qualche preoccupazione materiale, impegni o situazioni stressanti. Io purtroppo - è uno dei miei difetti- non riesco a far "buon viso a cattivo gioco" e se sto strana si vede subito.
Quindi, quest'anno ho deciso che, al di là delle difficoltà e dei brutti pensieri, in qualche modo devo ricordare a me e alla mia famiglia che è quasi Natale (- 8 giorni!). E quale miglior segnale se non una vera e propria guest star delle tavole italiane durante queste festività?!?!? Ma ovvio, messer Panettone!

Faccio un piccolo appunto: io ho sempre preferito il pandoro, mi inserisco nella lista di quelli che oltre ogni decenza sezionano la propria fetta di panettone e sputacchiano i canditi sottrattisi al radar di ultimo livello. Di quelli che si sottraggono all'imbarazzo pubblico informandosi su quale sia quello senza canditi, o preferendogli il pandoro (appunto, scevro da ogni imprevisto e sicuramente più gustoso al mio vecchio parere, al di là del panetto di burro che circola allegro e gaudente nei vasi sanguigni dopo averne mangiato un paio di fette).
E ribadisco, non sono solo io a fare la schizzinosa, potrei fare un elenco esageratamente lungo di conoscenti e amici che considerano i canditi dei veri e propri attentatori del gusto, pronti ad esploderti in bocca quando si pensa di esserseli risparmiati almeno per quel paio di centimetri quadrati del boccone (e anche qui si dovrebbe dissertare ore a sulla metamorfosi da uomo a criceto, unico presidio contro l'imprevisto nascosto in un boccone più grande di quello che potrebbe prendere il simpatico roditore).
Tornando alla ricetta, ovviamente non poteva essere farina del mio sacco quindi ho preso spunto da qui, ma ho modificato un po' di ingredienti e, dovendo lavorare nell'ombra (leggi mostrando la mia malefatta solo una volta ultimata pena ire per usare troppo frequentemente il forno) sono cambiati anche i tempi di lievitazione.
Con queste dosi ho ottenuto due panettoncini di medie dimensioni, uno addolcito dai cranberries essiccati che chiedevano pietà in dispensa e l'altro reso goloso da scaglie di cioccolato fondente. Enjoy them!

1) Biga :                                                                        
100 gr di farina "0" di grando tenero                       
50 gr d'acqua                                                                                              
25 gr di lievito di birra fresco                                                                                   

 2) Impasto "fase uno"                                                    
 250 gr di farina (per me un mix di farina "0" e di manitoba)                              
150 gr d'acqua di fonte  
 2 cucchiai rasi di lecitina di soia  
100 gr di zucchero di canna integrale         
70 gr di olio - mix fra olio di semi e olio evo, avevo paura che con il solo olio d'oliva, il sapore fosse troppo forte (nell'originale c'era la margarina, quindi la quantità d'acqua e farina e indicativa, avendo usato l'olio l'impasto è sicuramente più morbido e la quantità di farina che ho usato è maggiore di quella indicata)

3) Impasto " fase due"
50 gr di farina "0" di grano tenero
50 gr di zucchero di canna integrale
20 gr di olio di girasole
1 cucchiaio di malto
2 cucchiai rasi di lecitina di soia
100 gr di gocce di cioccolato fondente + una manciata generosa di cranberries
1 cucchiaino di sale
2 cucchiaioni di liquore (per me punch d'Abruzzo)
scorza di un arancio

PROCEDIMENTO :
Si procede inziando a prepare la biga. Sciogliere nell'acqua tiepida il lievito e lasciar riposare qualche minuto; in un ciotola capiente versare la farina e dopo, un pò alla volta, incorporare l'acqua nella quale è stato sciolto il lievito. Una volta incorporato bene il liquido alla farina, impastate velocemente piegando più volte l'impasto, fino ad ottenere una piccola sfera bianca.Coprite la ciotola con della pellicola per alimenti, e lasciate riposare l'impasto per circa  2h, il tempo necessario per far si che triplichi il suo volume. Passate le 2h, prendete la biga e nella stessa ciotola incorporate, uno alla volta, gli ingredienti della fase n°1: lo zucchero, la lecitina*, l'olio, la farina, solo in ultimo aggiungete l'acqua, sempre cercando di fare attenzione di non versarla tutta insieme. Incorporate per bene i nuovi ingredienti con la biga, fino ad ottenere un unico impasto solido. Richiudete la ciotola con la pellicola e lasciate riposare l'impasto per almeno 3h (la ricetta originale prevede una temperatura di circa 30°, la sera che ho preparato l'impasto dentro casa avevo circa 17°, quindi l'ho lasciata lievitare tutta la notte, dalle 19.00 alle 8.00). Per la seconda volta prendere l'impasto e aggiungete poco a poco gli ingredienti della fase n°2: lo zucchero, la farina, il malto, il liquore, la scorza dell'arancio, il sale, la lecitina di soia*, solo in ultimo l'olio. Impastate per bene (se l'impasto è a buon punto risulterà esserci una buona trama di glutine), facendo sempre delle pieghe su se stesso. Dividere in due l'impasto, aggiungeree le gocce di cioccolato in uno e i frutti rossi essiccati nell'altro, e continuate ad impastare in modo che si omogenizzino bene con tutto il resto del composto. Adesso metteree l'impasto ottenuto negli appositi pirottini per fare il panettone, fate una croce con un coltello sull'impasto, lasciate riposare dalle 6 alle 8 h (anche in questo caso la temperatura ottimale per la lievitazione dovrà essere di 30°C, io ho alternato temperatura ambiente con la lucina del forno acceso quando ero lontana da sguardi indiscreti dalle 9.00 alle 18.30), l'impasto deve crescere fino ad arrivare a toccare i bordi del pirottino. Una volta ottenuta la giusta lievitazione, preriscaldate il forno leggermente, e cuocete il vostro panettone ad una temperatura di 180° C, per circa 40-45 minuti. Suggerisco di cuocerli nella parte bassa del forno e per la prima parte della cottura coperti con della carta allumini per evitare che brucino sopra, e scoprirli solo negli ultimi dieci minuti circa. Una volta pronti, lasciarli raffreddare su una gratella in modo tale che non rimangano umidi sulla base.
 
* In entrambi gli impasti, i 2 cucchiai di lecitina sono stati prima mescolati in un po' d'acqua calda quasi bollente, circa 50 grammi presi dal quantitativo totale, e lasciata riposare per mezz'ora.
 
 
 

venerdì 13 dicembre 2013

Esperimenti riusciti: crostate

Nonostante finora abbia pubblicato solo ricette salate,  ho un debole per i dolci, non tanto per mangiarli, quanto a prepararli. Ogni volta che tornavo dall'Università, specialmente dopo i periodi di eremitaggio, scatenavo la mia fantasia nell'impastare, mescolare, infornare e sfornare dolcetti. Anche ora che sono in un periodo zen di riflessione sul mio futuro (lo definirei più un otium oraziano!), ho mille idee che mi frullano per la testa!
Trovo ci sia qualcosa di magico - no Zucchina, è solo bicarbonato, nulla di magico - nel fare dolci, sbirciare nel forno e vederli gonfiare, sentire il profumo che piano piano si diffonde per la cucina, il ticchettio del timer quando sta lì lì per avvisare che è pronto...okay, sono un'inguaribile romantica con la passione di Nonna Papera, ma volete mettere la soddisfazione di sentirsi dire <<MMMmm buona!>>.
Da ormai un anno a questa parte sono un'assidua frequentatrice di Veganblog e affini, perchè va bene soddisfare il palato ma sono pur sempre del fronte LESS IS MORE, quindi se posso evito di aggiungere il superfluo. Senza contare che in un'ondata di autoreferenzialità mi ripeto che tutti possono fare dolci con uova e burro, io Miss "se-non-è-difficile-non-mi-interessa" voglio provare a far dolcezze senza. Ogni volta che preparo qualcosa che soddisfa anche i palati più scettici -leggi padre-sorella minore carnivora- parte in sottofondo mentale un Freddy Mercury esultante "We are the CHAMPIONS, my friends!!!!!"
Insomma, questa storia dei senza è partita per necessità, un pomeriggio in cui a casa mancava tutto il (normale) necessario per preparare un dessert e alla fine ci ho preso gusto. Se poi posso bacchettare mio padre che con i miei dolci tiene a bada colesterolo e glicemia, tanto meglio!
Spulciando spulciando sono uscite fuori queste due ricette di crostate, che hanno messo d'accordo tutta la famiglia e di cui sono già state commissionate altre infornate.
Una è una tradizionale crostata alla marmellata (in questo caso, marmellata homemade di prugne, la sua antenata era a base di uva fragola del nostro giardino):
Crostata di farro e confettura di prugne:
200 gr di farina di farro integrale
100 gr di farina integrale
100 gr di malto di riso
70 ml di olio di mais
una bustina dilievito
buccia grattuggiata di mezzo limone bio o qualche goccia di aroma al limone
acqua 
marmellata di prugne home(nonlamia!)made
Procedimento
Mettere le due farine, il lievito e la buccia del limone in un recipiente. Mescolare e unire il malto di riso e l’olio di mais. Aggiungere un goccio di acqua o latte (la prima volta ho messo latte, questa acqua ed il risultato è lo stesso) e amalgamare bene. Lavorare l’impasto su un piano di lavoro infarinato, lasciar riposare in frigo una mezz'oretta. Riprendere l'impasto e tirare una sfoglia col mattarello. Oliare ed infarinare uno stampo rotondo (nel mio caso da 23 cm) e assemblare un guscio di frolla, che andrete a bucherellare con una forchetta per evitare che si gonfi in cottura. Aggiungere la marmellata e creare il reticolo da crostata con la frolla rimasta. Infornare a 180° per circa 25-30 minuti. La crostata sarà pronta quando avrà preso un bel colore dorato!




Crostata ricoperta con crema al cioccolato: 
Ingredienti per la crema:
150 g di cioccolato fondente
250 ml di panna di soia (quella da cucina, non quella da montare)

1 cucchiaione di agar agar (equivalente vegetariano della colla di pesce)

Ingredienti per la frolla:
150 g di farina integrale
100 g di farina di mais
30 g di cacao amaro
100 g di malto di mais
60 ml di olio evo
1/2 bustina di lievito
1 pizzico di sale
acqua fredda 

Procedimento:
Per la crema: sciogliere a bagnomaria il cioccolato fondente e amalgamarlo con la panna; quando è quasi a bollore aggiungere l’agar agar e continuare a mescolare a fuoco lento per 5 minuti.
Per la frolla (da preparare in anticipo): miscelare le farine, il cacao, il sale ed il lievito. Scaldare il malto con un po' d'acqua (per me al microonde), aggiungerlo alle farine e amalgamare con l’olio. Impastare, aggiungendo acqua fino ad ottenere un impasto denso e liscio, il meno appiccicoso possibile. Far riposare in frigo per almeno 30 minuti. Riprendere l'impasto, stendere 2/3 della frolla (NB: non sarà facile, io ho composto il guscio direttamente nella tortiera a mo' di puzzle), disporla in una tortiera di 23 cm oliata ed infarinata, aggiungere la crema di cioccolato ancora calda e chiudere la torta con la frolla avanzata (anche qui mo' di puzzle). Infornare a 180° per circa 25-30 minuti. Ed ecco il risultato:
Purtroppo non ho le foto della fetta, l'agar agar raffreddandosi solidificherà e creerà una striscia non troppo dura di cioccolata...essendo un addensante reversibile, l'agar agar riscaldato per pochi secondi al microonde tenderà ad ammorbidirsi e la crema avrà una morbidezza simile alla cioccolata calda o all'interno di un tortino dal cuore morbido :)




martedì 10 dicembre 2013

We fight all the time You and I...that's alright... We're the same soul

Guardarsi intorno e realizzare che anche stavolta siamo a Natale, siamo a Dicembre, anche quest’anno sta volgendo al termine. È presto per i bilanci, riflettevo solo sul fatto che quest’anno il tempo è volato via in una maniera imbarazzante, dopo l’estate è stato un attimo Nemmeno concentrandomi tutto il giorno riuscirei a ricordare momenti precisi in mezzo alla frenesia e alle scadenze – anche burocratiche – da rispettare per la Laurea. Giorni e giorni di isolamento nella mia stanza da studentessa universitaria con cellulare in modalità offline, giorni di continue incomprensioni perché ogni parola può essere intesa in modo diverso da quello con cui l’altro le pronuncia. E qui partirebbero discussioni infinite sulla comunicazione, sulle mille sfaccettature che una frase può avere, sulle ambivalenze o semplicemente sulla capacità di distorsione che una mente particolarmente sensibile in un periodo fragile può mettere a punto.
È un periodo di transizione questo, è un caso che coincida anche con l’ultimo mese dell’anno, come se il 2013 mi si fosse messo accanto e ora ce ne andiamo a braccetto verso la porta d’uscita, l’anno per andarsene definitivamente per lasciar posto ad un anno che sia (speriamo) migliore da tutti i punti di vista e per tutti.
Mi piace pensare che presto troveremo la stabilità anche in famiglia, che questo periodo pieno di scossoni sia solo di assestamento verso dinamiche più tranquille. Il terreno di scontro di questi giorni con il boss è la mia scelta vegetariana, se non accettata, sopportata per quasi un anno e mezzo ma che ora va stretta. Lo so, non è semplice, soprattutto perché io ero la bambina che il primo giorno di scuola voleva come piatto coccola la cotoletta o che d’inverno imitava il papà nel mettere la mano in posizione degna del “Ripatransone-style” per mangiare pane e salsiccia. So anche che non è semplice perché, nonostante abbia fatto passi avanti, ancora ne ho tanti da fare contro la condizione fisica e non solo psicologica in cui verso ormai da troppo tempo. Non lo biasimo ma non lo giustifico.
Il problema è che sono anni ormai che, ogni volta che ci mettiamo tutti e quattro a tavola, sento di essere seduta sopra una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Ci scrutiamo da un lato all’altro della tavola nemmeno ad una partita di poker. Ed è brutto perché sbagliamo completamente il senso di questo momento, perdiamo minuti preziosi per stare insieme visto che il lavoro porta via giornate intere. Ma non do la colpa solo a mio padre, la colpa è anche mia che sono complice di questa “guerra fredda” che ogni giorno si consuma a tavola.
Nonostante la mia condizione e nonostante spesso sia rimasta a casa da sola, all’università la domenica il pranzo un po’ speciale non mancava mai. Ovviamente un piatto fast and furious, ovviamente dosi rigorosamente per una persona ma sempre in grado di farmi sentire un po’ più a casa, come vantaggio avevo dalla mia i 70 km di distanza che impedivano qualsiasi commento, come svantaggio c’è quello che, a dispetto del <<Dove c’è B…..a, c’è casa>>, un piatto non fa mai completamente casa se non lo puoi condividere con chi ami (al di là delle tensioni che spingono a pensare che sia così).
Ora che sono qui, anche se fa male, sono contenta di riappropriarmi della solennità con cui mia mamma serve i piatti la domenica prima di servirsi lei, l’accenno di “segnali di pace” che lei lancia sperando che tutti – e sottolineo tutti – colgano. Questa domenica, il menù comprendeva oltre al secondo carnivoro, le tagliatelle panna e funghi. Per me solo panna e funghi, per gli altri panna, funghi e salsiccia (mi rendo conto che questo blog potrebbe tranquillamente chiamarsi “Confessioni di una salsiccia” perché è citata in ogni post che ho scritto finora!). Tralascio la ricetta perché si trattava di una semplice tagliatella all’uovo con un condimento avvolgente di panna, porcini (e lady S! ), che penso tutti potrebbero cucinare meglio di me. A onor del vero, l’unica differenza potrebbe essere la panna che ho usato, che era di soia (astenersi assolutamente dalla marca di prodotti a base di soia più gettonata per il gusto di carta che ha quasi ogni prodotto, io per fortuna ne ho trovata una con cui ho preparato anche un dolce!); oltre a questo, ho aggiunto a crudo, quando i porcini erano ormai cotti un filINO di olio aromatizzato al tartufo bianco, non troppo altrimenti rischia di dare un sapore troppo forte, ed infine spolverata di prezzemolo.
Ho semplicemente accennato alla ricetta per lasciare un appunto sul fungo porcino, il “Principe” del bosco! Fino a pochi anni fa, erano noti solo per l'alto contenuto di acqua e fibre, ma è riduttivo perchè sono ricchi in potassio, fosforo, rame, selenio, sodio, betacarotene, acido folico e quindi sono l'ideale per diete "dimagranti", per i regimi depurativi, per la stitichezza con aerofagia. Sono presenti in scarse quantità i carboidrati, i lipidi son quasi assenti (meno dell’1%), le proteine sono rappresentati con un 5% (non a caso, sono le "bistecche" del bosco) e le vitamine abbondano con vitamina PP (niacina), la K e le vitamine del gruppo B (tra cui la colina). Il fungo porcino è noto per le loro proprietà rimineralizzanti, plastiche e antianemiche. Un articolo su Glycobiology sottolinea la presenza di una molecola antitumorale, una lectina, che inibisce selettivamente la proliferazione di diverse linee cellulari tumorali e lega un marcatore presente sulla superficie di cellule neoplastiche e assente in quelle normali (riporto questo articolo perchè è il frutto del lavoro sinergico tra un team italiano, il dipartimento di Biochimica “A. Castellani” dell'Università di Pavia, argentino (dipartimento di Chimica biologica dell'Universitad Nacional de Córdoba). 
Ultima ma non ultima, ricordo la presenza di eritadenina, potente ipocolesterolemizzante. 
Vi saluto ricordandovi di abbracciare i vostri genitori anche se vi fanno arrabbiare!
Zucchina

sabato 7 dicembre 2013

Di silenzi e Comfort Food...





Questa settimana è volata via come se vivessi in una bolla di sapone, ovattata, quasi anestetizzata. Il perchè? Stavo per scrivere "Semplicemente" ma la storia non è semplice, anzi...Un fatto su tutti: la perdita di una persona cara che stava male da tempo, era peggiorato negli ultimi tempi e che ora non soffre più...Non riesco a perdonarmi di non aver insistito di più con mio padre per andarlo a trovare più spesso quando tornavo, non riesco a togliermi dalla testa il fatto che se n'è andato più o meno un quarto d'ora dopo che eravamo usciti dall'ospedale domenica pomeriggio..come se ci avesse salutato, come se avesse resistito giusto il tempo per salutarci e poi si fosse lasciato andare...
Di lui non dimenticherò mai il sorriso che è riuscito a rivolgerci da dietro la mascherina per l'ossigeno, il sorriso che ha fatto quando mia zia ha esclamato "Hai visto che bella tua nipote?"
Non dimentico neanche i momenti passati insieme, sia quando stava bene sia quando la malattia cominciava a portargli via le forze...quando a Natale mi ha regalato il pellicciotto..mi sentivo una vamp, tutta fiera ed impettita, me lo toglievo nemmeno avessi un vestito da sera di Dior sotto, invece a fare bella mostra era la mia salopette della Carica dei 101... <3
Combinate questo bel carico psicologico con la mia solita insicurezza, mescolate la nostalgia che mi assale ogni volta che devo chiudere una fase della mia vita, shakerate con un po' di puro terrore per non sapere cosa farò ora che ho finito la triennale e per ora mi hanno caldamente sconsigliato la specialistica e...otterrete la versione di me a cui mio padre non rivolge la parola e scruta con sguardo assassino. Saranno quattro giorni che non mi parla solo perchè gli ho detto che ho paura, con l'unico risultato di quattro strilli che mi ha praticamente vomitato addosso e un silenzio stampa duraturo. Trattamento affettuosissimo che ha rivolto quasi esclusivamente solo a me.
Avevo in mente un blog più allegro, invece si tratta della versione online della mia solita tragedia di shakespeariana memoria. Ripongo le mie speranze nel prossimo post :) .
La ricetta di oggi è il Comfort Food cui mi riferisco nel titolo, quando c'è bisogno di coccole, vengono in aiuto le ricette della tradizione, quelle che "se mi mangi, vai sul sicuro". Quindi, amanti del lardo e del panino con la "saciccia" desistite dal leggere oltre! Checchè ne dica il mio "adorato" paparino, le orecchiette con i broccoli ci stanno da Dio (ehm ehm, il mio scettico genitore può benissimo guardare su www.lacucinaitaliana.it se non mi crede, quindi munitevi di questo allegro ortaggio, pasta, wok e....
Orecchiette broccoli e cipolla rossa
Ingredienti: (le dosi sono a discrezione di chi cucina, a chi è rivolto il piatto ed il grado di fame delle cavie..ehm dei convitati!)
Orecchiette di grano duro
Broccoli a cimette
Cipolla di Tropea
Olio evo qb
Sale e pepe qb
Peperoncino in polvere

Semplicemente cuocere a vapore o lessare il broccolo (no, non parlo di mio padre nè di un ipotetico boyfriend!). A cottura ultimata, portare a bollore una pentola con acqua, buttare la pasta e salare [dico sempre a mia madre, ma lei ovviamente non mi dà ascolto , l'ideale sarebbe salare l'acqua nel momento stesso in cui buttate la pasta, primo per evitare che la pentola rilasci Nickel in cottura se di materiale che lo comprende, secondo - chimica docet- per far sì che l'acqua arrivi prima a bollore]. In un wok o in una padella dai bordi alti, scaldare l'olio e la cipolla tritata, una volta che questa sia "scolorita", saltare il broccolo che avrete diligentemente fatto a cimette. Salare e pepare a piacere e, se si vuole, aggiungere il peperoncino in polvere (o meglio ancora, quello fresco che può essere anche messo all'inizio nell'olio, cosa che consiglio solo agli irriducibili del piccante perchè è davvero infernale!).
Scolare la pasta e unirla ai broccoli nel wok, amalgamare eventualmente con un po' d'acqua di cottura.
Per un tocco da maestro, servire con un po' di pangrattato tostato (semplicemente del pan grattato che si può ottenere amalgamandolo con un goccio d'olio in un pentolino anti-aderente rovente e continuando a girare fino a che non si sarà dorato). Buen provecho!

Per tirarmela un po' visto che son Dietista, aggiungo anche che il broccolo è un componente della famiglia delle Crucifere, famiglia preziosissima per la salute, alleati di apparato respiratorio, sistema immunitario, apparato circolatorio, intestino, circolazione linfatica, occhi, ossa.
Sono ricchi di ricchi di sali minerali, specie calcio, ferro, fosforo, e potassio. Contengono anche vitamina C, vitamina B1 e B2, fibra alimentare e sulforafano, una sostanza  che previene la crescita di cellule cancerogene, impedisce il processo di divisione cellulare a favore dell'apoptosi (morte "programmata"della cellula). Pare abbiano un'azione protettiva contro i tumori intestinali, polmonari e del seno, combattono la ritenzione idrica aiutando l’organismo a disintossicarsi e ad eliminare le scorie.

Zucchina.


domenica 1 dicembre 2013

Bastone quadrato, buco rotondo.

Se c'è una cosa che la mia esperienza mi ha insegnato è sicuramente la consapevolezza che mio padre ed io siamo ad una distanza abissale. E gli attriti che quotidianamente ci allontanano lo testimoniano e lo confermano.
Voglio un bene dell'anima a mio padre ma proprio siamo su due lunghezze d'onda diverse, parliamo due lingue diverse ed è inevitabile che una situazione paradossale come la mia ci abbia fatto cozzare più che mai.
Lui è stato forse il primo a cogliere le avvisaglie quel lontano agosto 2009, vedeva il piatto di pasta ogni giorno più vuoto, la tensione sul mio viso ogni volta che ci mettevamo a tavola. Era lui che mi tirava i pezzi di mela e i mini wurstel dall'altro lato del tavolo, era a lui che urlavo allucinata, è a lui che ho augurato le parole più cattive e cariche di odio.
Ed è a lui che penso ogni volta che riesco in qualcosa, ma è a lui che penso anche quando non riesco...Pagherei tutto l'oro del mondo per farmi chiamare ancora "Principessa di babbo", vedere un suo sorriso sincero, vedere che per lui vado bene così, vedere che quello che faccio è un traguardo per me, ma anche per la mia famiglia, ma soprattutto per lui. Certe volte penso di odiarlo perchè so che così come sto ora, io piccolo scricciolo non lo renderò mai fiero di me. Nemmeno per tutti i 110 e lode del mondo.
All'inizio la questione era tutta incentrata sul mangiare, ora che su questo fronte ha perso le speranze, tutto il resto diventa il terreno su cui misurare i miei tentativi e i suoi silenzi. Bastone quadrato, buco rotondo.

Restando in tema di geometrie, metto qui uno dei piatti che ho cucinato ultimamente e ho replicato...al primo assaggio, ho pensato "Cavoli che buono!"
Tortino di spinaci e pomodori secchi
Ingredienti per 1 persona affamata:
125 gr. riso (o quinoa o mix di cereali e legumi)
Spinaci
3 pomodori secchi sott'olio
Sedano, carota, cipolla qb
olio evo
peperoncino (facoltativo)
sale qb
3 cucchiai di Farina di ceci (o piselli o fave/lenticchie)

Mettere a cuocere il riso o il mix di cereali come da istruzioni (io l'ho semplicemente lessato in acqua salata). Nel frattempo dedicarsi agli spinaci, ossia ripassarli in padella con olio, trito di sedano, carote e cipolla e, se gradito, peperoncino. Una volta cotto il riso, amalgamare nella padella con gli spinaci e aggiungere i pomodori secchi a pezzetti. Spegnere il fuoco e salare a piacimento.
Creare una sorta di pastella liquida con farina, acqua e sale (da amante del piccante, ho aggiunto anche qui peperoncino, in questo caso meglio in polvere!) e versarla sul riso. Amalgamare così da distribuire la pastella in maniera omogenea su tutto il composto. Versare il tutto in una teglietta foderata con carta forno ed infornare a 200° C per una mezz'oretta o fino a quando la superficie del tortino non sarà dorata. Se si vuole si può mettere un po' di gomasio e/o lievito alimentare a scaglie prima di infornare così da avere un tocco più "crunch".


Bon appetit,
Zucchina

sabato 30 novembre 2013

Porta itineris dicitur longissima esse

Se a distanza di secoli, a scuola ancora insegnano quanto dicevano i Romani, forse forse avevano ragione. Il titolo del post - tradotto terra terra- sta a ricordarmi quanto la parte più difficile di ogni viaggio sia l'inizio. Quante volte abbiamo rimandato qualcosa e quando eravamo lì nel pieno svolgimento non era poi tanto male? Quante volte abbiamo tentennato a iniziare una qualsiasi attività per poi rendersi conto che, beh, in fondo in fondo non era poi così male?
Ecco, io con il blog ho fatto sempre così, ne avevo uno qualche anno fa, ne ho abbozzato uno quest'estate ma ogni volta perdevo per strada i buoni propositi, complici i mille impegni e le mille scadenze, gli esami, la tesi...scuse per non guardare oltre e per non affrontare il nocciolo della questione.
Scrivere per me è stato terapeutico, macchiar di nero un foglio bianco così da inquadrare meglio la situazione, macchiare fuori per pulire dentro. Ma quando il problema si espande a macchia d'olio, quando quello che hai dentro è come un fiume in piena e il foglio non è che un muretto traballante al confronto, beh, lì mi blocco e lascio stare. Mi tengo dentro qualcosa che non riesco mai ad esprimere come vorrei. Le parole ci sono ma non escono mai come vorrei. Questa volta spero sia diverso perchè ora non ho scuse. Qualche giorno fa è stato un giorno importante per me: 26 Novembre 2013... Ansia da palcoscenico, riflettori puntati, microfono, diapositive, discussione, domande, proclamazione, applausi, corona d'alloro. Puff tre anni volati in un attimo e non hanno più importanza i malintesi, i pianti, le notti insonni per gli esami, l'ansia, le firme sul libretto universitario...Signorina La dichiaro Dottoressa in Dietistica...
Buffo. Dietistica. Un Corso di Laurea scelto un po' a caso ma mai più giustificato, io che a vedermi nessuno tre anni fa avrebbe scommesso sulla mia capacità di vivere fuori casa, di portare a termine un percorso universitario fatto di fatica e "contenuti" che proprio non mi appartenevano (e che ancora alla mia parte "cattiva" non appartengono). Già, perchè io alla veneranda età di 18 anni e mezza sono caduta nella morsa di un DCA, non so ancora io il motivo, non conosco i fattori promuoventi, nè quelli causali, ipotizzo i fattori precipitanti ma non ho ancora la perfetta ricostruzione dei fatti. Mi è successo e basta. Quello che so è che sono arrivata ad oggi in un'altalena segnata sul display della bilancia, sperimentazioni culinarie, sensi di colpa se il piatto pesava di più di quanto mi ero imposta, paure e sorrisetti, immagini dismorfofobiche allo specchio e quanto altro il mio "fardello" comporta.
Ad oggi riconosco di aver fatto tanti passi avanti ma tanti ne ho ancora da fare, in certi momenti ho pensato di aver sbagliato tutto con la mia scelta universitaria, in altri riconosco di avere un valido metro di giudizio e confronto alle mie assurde ed infondate convinzioni, metro di giudizio che mi rende consapevole e per questo più forte. Tuttavia nella pratica è difficile quanto e come se fossi nella beata ignoranza.
Questo blog lo dedico a me, alla mia lotta, alla mia voglia di uscire e di abbandonare il torpore in cui l'anoressia mi costringe da ormai troppo tempo, lo dedico alle ricette di cucina che tanto mi piace guardare e sperimentare, alle informazioni che posso dare e all'aiuto che posso dare - sia come ricetta "salvacena" sia come spunto per continuare a lottare per raggiungere i piccoli grandi traguardi che ci proponiamo.