Chi vede le date dei miei post, così lontane fra di loro, potrebbe pensare a torto che ho abbandonato del tutto le mie velleità culinarie. Allo stesso modo, chi prima conosceva la ragazza festaiola e non mi vede più in giro potrebbe pensare, e non a torto, che ho appeso le scarpe col tacco al chiodo ripiegando per una più austera vita monacale.
In effetti, ultimamente non sono la tipa che tira tardi la
sera, dico ultimamente per non dire il tempo preciso, visto che è ormai un
lontano ricordo anche per me quella tipa.
Da quando ho compiuto 23 anni ad inizio mese, mi sono
accorta che i miei continui rimuginare e rimacinare non sono una pratica di
auto tortura per gentile concessione di me stessa, bensì un percorso lento ed
impreciso che però mi sta facendo entrare in contatto con me,
In questa pseudo-analisi del tutto fai da te e spesso
involontaria, sto conoscendo, o meglio dire, riconoscendo dei piccoli intoppi
che prima rifiutavo di vedere ma che, proprio perché intoppi, mi hanno fatto
stare male e continuano a farmi star male.
Sia chiaro, non voglio psicanalizzarmi al posto di un
professionista, semplicemente sto dicendo che piano piano quello che il mio
psicanalista, con le sue DISCUTIBILI teorie, qualcosa ha smosso. Ed ora sta a
me scavare meglio, capire il perché della mia costante sensazione di
inadeguatezza, di imperfezione imperdonabile, del mio continuo considerarmi la
peggiore in confronto a qualsivoglia altro esemplare umano. A me e ad “uno
bravo”, se mai riuscirò a fidarmi/Affidarmi ad un altro professionista, visto
che il precedente mi ha praticamente scioccato.
Comunque, momento introspettivo a parte, il titolo non parla
solo di me, ma anche di amaranto. Sarò strana io, ma questo pseudo cereale mi
ha lasciato perplessa. L’ho comprato cavalcando l’onda di entusiasmo partita
già in tempi poco sospetti con la quinoa (ricettata qui, ma spero di poter
presto pubblicare altro) e con il grano saraceno. L’ho preparato seguendo
fedelmente le indicazioni sulla busta e…risultato? bah. Quei piccoli chicchi,
bellissimi per carità, a fine cottura sono diventati una pappetta densa e dura
come il marmo (beh non proprio marmo, ma viste le aspettative il risultato
finale mi ha scaraventato giù dall’Olimpo degli pseudo cereali.
Guardando meglio il fondo della pentola in cui versava la
strana poltiglia, ho fatto quello che faccio sempre con le altre persone e
cose, alias resto del mondo ma che non faccio mai nei miei confronti. DARE IL
BENEFICIO DEL DUBBIO E DARE UNA SECONDA CHANCE.
Il problema principale di molte polpette, sformati, burger
vegan home made è l’inevitabile sfaldarsi durante la cottura. Se i chicchi di
amaranto si vogliono così bene fra loro da appiccicarsi appena cotti perché non
lasciar dimostrare il loro amore anche in un burger veg?
e così sono nati questi burger, che, per carità non sono
male, ma ancora non hanno fatto guadagnare molti punti all’amaranto. Anzi, se
qualcuno ha una ricetta sfiziosa per favore me lo dica!!! d’altronde, amaranto
viene dal greco “ἀμάραντος”, che significa
“non muore mai”. Un high lander così merita di più di una sufficienza da parte
della sottoscritta.
BURGER DI AMARANTO E SPINACI
Ingredienti:
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Amaranto cotto (100 gr da crudo)
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Spinaci (mea culpa erano surgelati, 5 cubotti)
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Sale blu qb
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Pepe nero qb
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Semi di sesamo, di girasole, di zucca: 2 cucchiai
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Olio evo qb
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Cipolla qb
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Farina di ceci quanto basta per avere la certezza di un
burger compatto (facoltativo)
Procedimento:
Cuocere l’amaranto, seguendo le infide istruzioni sulla
confezione, e lasciar raffreddare/far diventare la massa che ha fatto crollare
il mio ottimismo culinario.
Preparare gli spinaci, io li avevo lasciati scongelare in
frigo dalla mattina alla sera, perché odio gli spinaci lessi, peggio se
congelati e lessi. Io ho fatto dorare un po’ di cipolla in padella, aggiunto
gli spinaci e ho salato un pochino a fine cottura. Ho lasciato freddare anche
gli spinaci.
Ho trasferito spinaci ed amaranto in una ciotola, ho
aggiunto pepe, un pochino d’olio, i semi e ho mescolato bene.
Ho iniziato a fare i miei burger, con queste dosi ne ho
preparati sei piccoli, diciamo sei medaglioni, senza aggiungere la farina
perché l’amaranto è stato sufficientemente colloso da far tutto da solo. J
Ho cotto il tutto a 200 ° per 20 minuti, girando i burger a
metà cottura.
Ho accompagnato la mia porzioncina con una salsina ai
porcini, perché mi piace l’accoppiata funghi e spinaci.
Un bacione a tutte le blogger che non ho ringraziato per i
commenti ai post precendenti, ma che mi danno coraggio di andare avanti. E non
solo per il blog.
Zucchina