domenica 30 marzo 2014

50 sfumature di amaranto (e di me)


Chi vede le date dei miei post, così lontane fra di loro, potrebbe pensare a torto che ho abbandonato del tutto le mie velleità culinarie. Allo stesso modo, chi prima conosceva la ragazza festaiola e non mi vede più in giro potrebbe pensare, e non a torto, che ho appeso le scarpe col tacco al chiodo ripiegando per una più austera vita monacale.
In effetti, ultimamente non sono la tipa che tira tardi la sera, dico ultimamente per non dire il tempo preciso, visto che è ormai un lontano ricordo anche per me quella tipa.
Da quando ho compiuto 23 anni ad inizio mese, mi sono accorta che i miei continui rimuginare e rimacinare non sono una pratica di auto tortura per gentile concessione di me stessa, bensì un percorso lento ed impreciso che però mi sta facendo entrare in contatto con me, 
In questa pseudo-analisi del tutto fai da te e spesso involontaria, sto conoscendo, o meglio dire, riconoscendo dei piccoli intoppi che prima rifiutavo di vedere ma che, proprio perché intoppi, mi hanno fatto stare male e continuano a farmi star male.
Sia chiaro, non voglio psicanalizzarmi al posto di un professionista, semplicemente sto dicendo che piano piano quello che il mio psicanalista, con le sue DISCUTIBILI teorie, qualcosa ha smosso. Ed ora sta a me scavare meglio, capire il perché della mia costante sensazione di inadeguatezza, di imperfezione imperdonabile, del mio continuo considerarmi la peggiore in confronto a qualsivoglia altro esemplare umano. A me e ad “uno bravo”, se mai riuscirò a fidarmi/Affidarmi ad un altro professionista, visto che il precedente mi ha praticamente scioccato.
Comunque, momento introspettivo a parte, il titolo non parla solo di me, ma anche di amaranto. Sarò strana io, ma questo pseudo cereale mi ha lasciato perplessa. L’ho comprato cavalcando l’onda di entusiasmo partita già in tempi poco sospetti con la quinoa (ricettata qui, ma spero di poter presto pubblicare altro) e con il grano saraceno. L’ho preparato seguendo fedelmente le indicazioni sulla busta e…risultato? bah. Quei piccoli chicchi, bellissimi per carità, a fine cottura sono diventati una pappetta densa e dura come il marmo (beh non proprio marmo, ma viste le aspettative il risultato finale mi ha scaraventato giù dall’Olimpo degli pseudo cereali.
Guardando meglio il fondo della pentola in cui versava la strana poltiglia, ho fatto quello che faccio sempre con le altre persone e cose, alias resto del mondo ma che non faccio mai nei miei confronti. DARE IL BENEFICIO DEL DUBBIO E DARE UNA SECONDA CHANCE.
Il problema principale di molte polpette, sformati, burger vegan home made è l’inevitabile sfaldarsi durante la cottura. Se i chicchi di amaranto si vogliono così bene fra loro da appiccicarsi appena cotti perché non lasciar dimostrare il loro amore anche in un burger veg?
e così sono nati questi burger, che, per carità non sono male, ma ancora non hanno fatto guadagnare molti punti all’amaranto. Anzi, se qualcuno ha una ricetta sfiziosa per favore me lo dica!!! d’altronde, amaranto viene dal greco “μάραντος”, che significa “non muore mai”. Un high lander così merita di più di una sufficienza da parte della sottoscritta.
BURGER DI AMARANTO E SPINACI

Ingredienti:
-          Amaranto cotto (100 gr da crudo)
-          Spinaci (mea culpa erano surgelati, 5 cubotti)
-          Sale blu qb
-          Pepe nero qb
-          Semi di sesamo, di girasole, di zucca: 2 cucchiai
-          Olio evo qb
-          Cipolla qb
-          Farina di ceci quanto basta per avere la certezza di un burger compatto (facoltativo)

Procedimento:
Cuocere l’amaranto, seguendo le infide istruzioni sulla confezione, e lasciar raffreddare/far diventare la massa che ha fatto crollare il mio ottimismo culinario.
Preparare gli spinaci, io li avevo lasciati scongelare in frigo dalla mattina alla sera, perché odio gli spinaci lessi, peggio se congelati e lessi. Io ho fatto dorare un po’ di cipolla in padella, aggiunto gli spinaci e ho salato un pochino a fine cottura. Ho lasciato freddare anche gli spinaci.
Ho trasferito spinaci ed amaranto in una ciotola, ho aggiunto pepe, un pochino d’olio, i semi e ho mescolato bene.
Ho iniziato a fare i miei burger, con queste dosi ne ho preparati sei piccoli, diciamo sei medaglioni, senza aggiungere la farina perché l’amaranto è stato sufficientemente colloso da far tutto da solo. J
Ho cotto il tutto a 200 ° per 20 minuti, girando i burger a metà cottura.
Ho accompagnato la mia porzioncina con una salsina ai porcini, perché mi piace l’accoppiata funghi e spinaci.
Un bacione a tutte le blogger che non ho ringraziato per i commenti ai post precendenti, ma che mi danno coraggio di andare avanti. E non solo per il blog.

Zucchina

domenica 16 marzo 2014

Cavoli, che quinoa!

Ero indecisa sul titolo del post, tanto quanto ero indecisa se pubblicare ancora una ricetta...
Già l'estate scorsa avevo in mente di realizzare un blog, uno spazio tutto mio per scrivere i miei pensieri, i miei sfoghi e le mie paure, mi piaceva l'idea di confrontarmi con le altre ragazze e vedere quanto siano belle ricette buttate lì con semplicità, come anche il cibo possa essere bello, colorato e non solo un nemico che, a periodi più o meno alterni, ti mette in scacco e ti limita e limita una normalità.
In questo periodo però mi sembra di non avere tempo per fare nulla, figuriamoci scrivere su un blog, pubblicare foto..e dire che le idee abbondano e la mia macchinetta pullula di foto...sarò sincera, il lavoro mi prosciuga le energie come nemmeno lo studio matto e disperatissimo i giorni che precedevano gli esami, lo stare quasi tutto il giorno al computer mi fa passare qualsiasi voglia di rimettermi davanti allo schermo la sera anche solo per leggere le mail, insomma, il lavoro è la mia sanguisuga personale.
Come se non bastasse le mie foto e le mie ricette sono sempre due passi indietro rispetto alle vostre, non è una gara lo so, ma per una persona che soffre di insicurezza cronica non giova.
Intanto pubblico questa, poi vedrò se è il caso di rinunciare alle mie velleità da food-blogger in erba. Sono poche le informazioni non ancora elencate di questa meraviglia, la quinoa. Per secoli dimenticata e coltivata solo nelle zone andine dimenticate dalla colonizzazione spagnola, è un concentrato di salute: è ipoallergizzante, priva di glutine, ricca di fibre ed antiossidanti. Ed è versatilissima. In una parola: FAVOLOSA.
Quinoa con cavoletti di Bruxelles e gomasio:
INGREDIENTI

- Quinoa: 80 g
- Cavoletti di Bruxelles: 100 g
- Cipolla bianca: 1/4 
-  Pepe: qb
- Gomasio: una spolverata
- Vino bianco per sfumare: mezzo bicchiere
- Salsa di soia: 2 cucchiai

HOW TO:
Mettere a cuocere la quinoa in una quantità di acqua poco salata pari a circa il doppio della quinoa. Lasciar andare per 10 minuti. Nel frattempo dedicarsi ai cavoli, ossia ripassarli in padella con olio, cipolla. Sfumare con un po' di vino e cuocere per qualche minuto a fiamma media, giusto il tempo di far evaporare il vino. Aggiungere la salsa di soia e una macinata di pepe.
Una volta cotto la quinoa, amalgamare nella padella il nostro pseudo cereale e i cavoletti, saltare in padella mescolando bene così da far insaporire. Spegnere e lasciar freddare.
Aggiungere con una spolverata di gomasio e gustare. A me è piaciuta tanto sia calda sia fredda, gustata il giorno dopo al lavoro e mi ha fatto guadagnare i complimenti del boss sulla mia inventiva :) .
Con questa ricetta partecipo a Salutiamoci, questo mese dedicato alla QUINOA ed ospitata da Daria.

salutiamoci300

domenica 2 marzo 2014

Cuore di babbo

Ci sono periodi che per qualche strana congiunzione astrale il computer ed io siamo due rette parallele…non si incontrano mai. Questo è uno dei periodi così…in primis il lavoro, passando tutto il giorno davanti ad uno schermo per ricerche varie o per registrare i dati dei pazienti, la sera mi bruciano gli occhi in un modo unico. Cerco sempre di restare aggiornata sulle vostre nuove ricette, come sempre mi rendo conto di quanto io sia indietro in fatto di originalità ed abilità ma il tempo di pubblicare le mie idee non riesco proprio a farlo rendere al meglio.
Senza contare che queste due settimane il computer di casa, sì avete capito bene, quello con il cassone vecchio stile, le casse e lo schermo preistorico è morto ed io ho dovuto rinunciare al mio portatile perché un computer serve…sia a mia mamma per il lavoro, sia a mia sorella per la scuola.
Quindi l’unica mia modalità per restare connessa è il telefono, ma 1 o 2 giga sono sempre pochi per arrivare a fine mese.
Detto questo, oggi pubblico una ricetta che per me è speciale, sia perché era tanto che la volevo provare, sia e soprattutto perché è dedicata ad una persona per me molto importante. Il mio papà.
Nei primi post parlavo soprattutto delle nostre incomprensioni e dei litigi, elementi che denotano solo le similitudini del nostro carattere (cocciuto!) ed il bene che in fondo in fondo ci vogliamo.
Le parole anche pesanti che sono volate tra di noi, le urla ed i silenzi penso che siano stati solo la prova della paura e dell’impotenza con cui entrambi, forse lui più di me, abbiamo dovuto fare i conti. Ancora oggi litighiamo ed anche pesantemente, ma a quasi 23 anni mi rendo conto che lui è e sarà sempre la mia roccia. Forse una componente del mio problema è quello di aver paura dei rapporti e dei cambiamenti di quelli che già ci sono. Forse la mia paura che mi costringe sempre ad aggrapparmi al passato come fosse la coperta di Linus si è riversata anche sul rapporto con mio padre. Attaccavo perché vedevo che i suoi gesti cambiavano mentre crescevo, non capivo che era la normale evoluzione di un rapporto che stava diventando più maturo, un rapporto che non era e non può essere più il rapporto tra un papà ed una bambina ma un rapporto tra un papà e quella che sta cercando di essere una donna. Non più scontri, ma confronti. Non più attacchi gratuiti ma critiche che vogliono essere costruttive. Per anni mi sono comportata così da farlo star zitto o da non farlo arrabbiare, ora, quando faccio qualcosa, agisco perché voglio che lui sia fiero di me.
Ed il mio unico cruccio è non riuscire ancora dopo tutto questo tempo a renderlo davvero orgoglioso di me, restituirgli la persona che ero prima che perdessi, insieme al peso, anche il sorriso.
Ed ecco spiegato il perché di questa ricetta, fatta a pochi giorni da S.Valentino, piccolo gesto per addolcire una giornata speciale ma piovosa. Ti voglio bene papà.

PLUMCAKE CON SORPRESA:
Ingredienti
PER L'IMPASTO BIANCO:
300 gr farina
80 gr fecola di patate
300 gr latte soia
85 gr olio di semi
1 bustina di lievito per dolci
1/2 bacca di vaniglia
2 Cucchiai di rhum
250 gr zucchero
PER L'IMPASTO SCURO
calcolate un terzo dell'impasto bianco a cui aggiungerete 5 cucchiaioni di cacao amaro in polvere

HOW TO:
Preparate prima (io la sera prima) la parte scura, semplicemente unendo prima tutti gli ingredienti secchi e poi quelli liquidi. Infornate a 180° per 25 minuti in uno stampo da plumcake rivestito di carta forno.
Lasciate raffreddare bene, io ho preparato la parte scura la sera ed ho ultimato la sera dopo. :)
Una volta freddo, trasferite il dolce nero su un tagliere o su un piano in cui poterlo lavorare con comodità. Munitevi di una formina da biscotti o tagliabiscotti che dir si voglia e ricavate più cuoricini che potete. Con queste dosi io ho avuto circa 12 cuori abbastanza alti (1,5-2 cm) così da non aver avuto problemi nella fase 2.
Preparate l'impasto bianco miscelando tutti gli ingredienti sia secchi che liquidi. Oleate ed infarinate lo stampo da plumcake.Versate una parte dell'impasto sul fondo dello stampo (servirà da collante). Al centro mettete in fila i cuori uno dopo l'altro, cercando di fare combaciare bene le pareti (altrimenti l'impasto durante la lievitazione si infilerà nel mezzo e rovinerà qualche fetta).
Ricoprite con il rimanente impasto (no problem se non riuscirete a ricoprire completamente i cuori perchè durante la cottura l'impasto crescerà e coprirà tutto).
Infornate a 180° per 45 min. Vale sempre la prova stecchino perchè il plumcake inganna spesso anche le cuoche più esperte (e quando parlo di esperte, non sto parlando di me ahahahahah!).
Tagliare e...sorpresa! :)